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Cyberbullismo. Riconoscerlo per difendersi

14 aprile 2017

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Di cyberbullismo si sente parlare fin troppo. Sempre più numerosi sono gli episodi che arrivano sulle prime pagine di quotidiani e programmi televisivi di approfondimento, talvolta violando i canoni deontologici del rispetto della Privacy del minore e delle famiglie.

 

 

 

Ma di cosa si tratta esattamente? Come nasce e come si sta evolvendo il fenomeno coinvolgendo sempre più ragazzi, in età sempre più precoce?

Alle origini del cyberbullismo

Va considerato come un’evoluzione del bullismo, il cui termine è la traduzione dell’inglese “bullying”, che significa propriamente “usare prepotenze contro qualcuno”. Originariamente la definizione metteva in evidenza l’aspetto comportamentale fissando l’attenzione sull’atto aggressivo nei confronti di uno o più soggetti con la caratteristica di essere persistente e organizzato. Successivamente il focus è stato trasferito al piano relazionale, identificandolo come un abuso di potere, premeditato e con una intenzionalità, diretto a uno o più individui incapaci di difendersi a causa di una differenza di status sociale e di potere (Sullivan, 2000).

Un fenomeno vecchio dalle caratteristiche nuove

In genere il fenomeno si fonda sull’aggressività e su tratti comuni al bullismo tradizionale, quali:

  1. Intenzionalità (c’è nell’aggressore la volontà di ferire)
  2. Reiterazione (si ripete)
  3. Sistematicità (con ordine e programmazione)
  4. Squilibrio di potere (la vittima è fragile, il bullo è prepotente)
  5. Fissità dei ruoli (il rapporto è sempre lo stesso tra vittima e aggressore)
  6. Presenza di complici e spettatori (c’è un gruppo che assiste senza fare)
  7. Deumanizzazione della vittima (la vittima è l’obiettivo)
  8. Incapacità di difendersi della vittima (la vittima non si ribella).

Esistono poi elementi distintivi generati dall’utilizzo della tecnologia. Nuove cioè sono le modalità con cui il bullo infierisce sulla vittima attraverso la Rete, lo smartphone e i social network. E quel dolore, quella umiliazione che un tempo si consumava in spazio circoscritto, oggi assume le dimensioni della massa. In un click, tutti sanno. E spesso è proprio questo a rendere insopportabile la sofferenza. Basta un video imbarazzante, offese e ridicolizzazioni dei coetanei rese pubbliche attraverso instagram, snapchat (social network) o WhatsApp (messaggistica istantanea) e tutto il mondo, improvvisamente, crolla. Perché il web non cancella, ma amplifica in tempo reale.

Alcuni dati sul cyberbullismo e sull’abuso dei social media

Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, è stato registrato un aumento del cyberbullismo del +8% dal 2016.

Recenti stime apparse sui quotidiani nazionali confermano che il 31% dei tredicenni (35% ragazze) dichiara di aver subìto atti di cyberbullismo e il 56% di avere amici che sono stati cyber-bullizzati. Tra gli adolescenti che utilizzano i social network, la percentuale di chi

ha subìto atti di bullismo online sale al 45% e molto spesso si tratta di minori che hanno paura ad ammettere questo molestie e non conoscono le conseguenze di un comportamento che in realtà è criminale.

Pepita Onlus, da oltre tredici anni impegnata sul campo per accompagnare i ragazzi nella loro crescita e combattere ogni forma di prevaricazione, ha somministrato un questionario a 4.000 ragazzi tra i 12 e i 14 anni e non stupisce rilevare che:

  • il 95% ha un profilo social (instagram, snapchat, facebook)
  • l’85% ha mentito circa la propria identità su internet
  • il 98% ha un cellulare che si collega a internet
  • il 70% naviga senza il controllo dei genitori
  • il 40% guarderebbe e condividerebbe un video su un episodio di bullismo / cyberbullismo
  • il 99 % usa whatsapp.

Di quelli che usano whatsapp

  • il 30% è sulla app di messaggistica istantanea più di 3h al giorno
  • il 32% usa whatsapp dopo le 22.

Come riconoscerlo

Il cyberbullismo è spesso un fenomeno sommerso. La vittima non riesce a reagire. Ha paura e teme di preoccupare l’adulto. Per questo non ne parla. I primi segnali da osservare sono:

  • il silenzio
  • la voglia di chiudersi in camera e di isolarsi
  • la tendenza a rimanere attaccato al cellulare per non “far vedere” o per controllare le notifiche ossessivamente
  • il desiderio di evitare la scuola adducendo scuse legate allo stato di salute
  • il mancato contatto con gli amici di sempre.

Come intervenire

Il cyberbullismo nasce certamente dall’aggressività, ma si alimenta nell’omertà. Molti ragazzi non comprendono la gravità delle loro azioni e considerano scherzi e offese pesanti dei giochi. Intervenire implica una presa di consapevolezza da parte dei giovani, ma anche un’assunzione del ruolo educativo da parte degli adulti. Educare al rispetto di se stessi e degli altri, al dialogo e all’empatia rappresenta la base su cui costruire ogni intervento di prevenzione che deve coinvolgere tutti: ragazzi, famiglie, educatori e insegnanti. Come direttiva della Legge Regionale – la seconda ad essere approvata dopo quella della regione Lazio – è stato individuato in ogni istituto di ordine e grado un referente adeguatamente formato a cui i ragazzi e i genitori possono rivolgersi per seguire il percorso previsto dalla normativa.

E finalmente una Legge Nazionale dedicata ai minori

I tempi sono stati lunghi e le attese sono state talvolta tradite, ma grazie all’impegno e alla determinazione del papà di Carolina Picchio, prima vittima acclarata di cyberbullismo nel 2014, il 17 maggio 2017 la Legge Ferrara – così chiamata dal nome della senatrice prima firmataria del Disegno di Legge e insegnante di musica di Carolina – è stata approvata all’unanimità dall’Aula della Camera. Pubblicata il 3 giugno scorso, la Legge 29 maggio 2017 n. 71 sulle”Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” entra nella fase attuativa e stabilisce alcuni punti cardine:

  1. per la prima volta viene definito il fenomeno come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”;
  2. è riferita SOLO ai minori;
  3. i ragazzi sopra i 14 anni possono richiedere DIRETTAMENTE ai gestori dei siti internet e dei social network (Facebook e Instagram, ad esempio) la rimozione dei contenuti ritenuti offensivi o lesivi, che devono agire entro le 48 ore (24 ore per recepire e 24 ore per rimuovere), in caso contrario il minore supportato da un genitore può rivolgersi al Garante della Privacy;
  4. in ogni istituto sarà individuato tra i professori un referente per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo, mentre al preside spetta “informare le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo e, se necessario, convocare gli interessati per adottare misure di assistenza alla vittima e sanzioni e percorsi rieducativi per l’autore” (fonte: http://www.altalex.com/documents/news/2016/09/21/bullismo-e-cyberbullismo);
  5. è stata introdotta, come per lo stalking, la “procedura di ammonimento” contro il responsabile degli atti di bullismo che, se maggiore di 14 anni, sarà convocato dal Questore insieme ai genitori e gli effetti dell’ammonimento cesseranno solo una volta maggiorenne;
  6. istituzione di un tavolo tecnico nel Consiglio dei Ministri per costruire un piano di azione di prevenzione organico e diffuso e monitorare il fenomeno.

di Redazione Family Health

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