Il mental coaching per allenarsi alla positività

Il Mental Coaching aiuta a migliorare la vita. E’ mai capitato di rincorrere un progetto, un sogno, senza mai raggiungere la meta?
Avete provato inadeguatezza, disagio, insicurezza davanti a scelte importanti?
Capita sempre più spesso in questi tempi dove si corre tanto disperdendo energie utili e avendo sempre l’impressione di non cementare nulla del nostro passaggio in questa vita.
Sono anni di fatiche identitarie che facilitano la nascita di un nuovo strumento di supporto come il mental coaching.
Chi è il Mental Coach?
Il Mental Coach aiuta le persone ad aprire la mente, facendo vedere le negatività in prospettive diverse, guida le persone a definire i propri obiettivi e a capire con quali strumenti adeguati poterli raggiungere, sfruttando le risorse interne che si hanno e che non sempre si sa come incanalare.
Il Mental Coach allena le persone all’autostima e all’autogestione facendo acquisire consapevolezza e responsabilità.
Stefano Tirelli, Mental Coach e docente universitario
“Sempre più negli ultimi anni, nel mondo dello sport e del business, appare la figura del cosiddetto Mental Coach che spesso viene considerato, erroneamente, una sorta di psicologo o di guru in grado di risolvere molteplici problematiche che affliggono il campione o il manager in cerca di autostima smarrita”.
“Personalmente mi occupo dello studio della mente da circa vent’anni – prosegue Tirelli – e considero questo percorso di ricerca molto importante per cercare di aiutare le persone a comprendere la meravigliosa e illimitata potenzialità di quell’energia che percepiamo di avere, o forse di essere, che ci permette di pensare, creare idee, visualizzare obiettivi che spesso, nel tempo relativo, si concretizzano sotto forma di realtà”.
Istruttore e non psicologo
“Il Mental Coach – continua Tirelli – non ha le competenze specifiche dello psicologo né, tantomeno, vuole appropriarsi di conoscenze e specificità che non gli devono appartenere se non, al limite, per un arricchimento del proprio bagaglio culturale”.
“Il termine coach o coaching – prosegue – si può tradurre con la parola istruttore che, personalmente ritengo diversa dal termine mental trainer che invece richiama ad un concetto di allenamento e che si rifà maggiormente ad un’area propriamente sportiva”.
Quali categorie professionali chiedono il supporto del mental coach?
“Le persone che usufruiscono della figura del Mental Coach sono, generalmente, appartenenti a categorie professionali che fanno della propria responsabilità e spirito di iniziativa il motore generante della propria attività mentre, sovente, quelle che si affidano ad un mental trainer sono atleti o persone che tendono a migliorare la propria performance fisica”.
In cosa aiuta un Mental Coach
“Ricerca del proprio potenziale creativo, della propria autostima spesso deficitaria, smarrita (se non, talvolta, addirittura sconosciuta), capacità di focalizzare obiettivi in modo pragmatico e funzionale, possibilità di gestire e contenere i cosiddetti successi e insuccessi”.
Richieste soddisfatte con sedute singole o di gruppo?
“Alcune delle richieste – continua Tirelli – che vengono poste alla figura di riferimento specifico e che, con sedute effettuate ‘ one to one ‘ o di gruppo (per quanto concerne team aziendali o sportivi), possono essere soddisfatte con conseguente rinnovamento o ritrovamento del proprio IO, di quella profonda essenza di cui siamo costituiti e originati”.
Equilibrio interiore e mentale
“Tra i motivi che muovono una sempre più crescente richiesta di mental coaches o trainers – conclude Tirelli – vi sono senza dubbio la necessità di ritrovare un basilare equilibrio interiore e mentale in un mondo sempre più veloce, privo di quei punti di riferimento sociali , famigliari, personali che hanno animato le culture, soprattutto occidentali, del secolo scorso. L’evoluzione stessa dell’essere umano che da una visione prettamente materialistica e fisica sta passando ad una nuova fase di maggiore consapevolezza psichica e spirituale”.
Ogni passaggio della vita ha in sé la necessità di metabolizzare il cambiamento che, talvolta, da soli non riusciamo ad elaborare, obbligandoci a chiedere aiuto, non per defilarci dall’assunzione di responsabilità ma per essere semplicemente accompagnati e sostenuti.
