Anno all’estero. Storie di chi va, chi viene e chi ospita
di Tiziana Azzani, giornalista
Non solo Stati Uniti. Anzi, sono sempre più benvenute Cina, i paesi dell’America Latina e anche la Nuova Zelanda. Le mete scelte dagli studenti per trascorrere un periodo di studio all’estero sono sempre più lontane dall’Italia. E continua a crescere il numero di alunni delle scuole superiori che trascorre via almeno 3 mesi all’anno, anche se la modalità preferita si conferma quella annuale. Il famoso 4° anno all’estero continua ad affascinare e oggi viene visto più che mai come un’opportunità per aprirsi una strada per il futuro e “tagliare” il cordone ombelicale dall’infanzia.
Ma non c’è solo chi parte, c’è anche chi arriva e chi ospita.
3 storie di viaggi con Intercultura
Cina, immergersi in una cultura lontana dalla mia
Simone è un ragazzo alto, spalle larghe e sorriso aperto. È sicuro di sè. Quando mi racconta del suo viaggio in Cina, dal quale è tornato da 1 anno, e mi rende partecipe dei suoi ricordi, il suo sguardo è diretto e profondo. “Ho scelto la Cina perché volevo sperimentare una cultura nuova, lontana da quelle che già conoscevo”. Simone, infatti, è un vero veterano dei viaggi: aveva solo 8 anni quando i suoi genitori lo hanno mandato a un campo scout estivo a Granada, dove avevano dei conoscenti. A quel campo ne sono seguiti molti altri, permettendogli di imparare lo spagnolo come fosse la sua lingua natia. Le lingue sono certamente una passione e competenza per Simone, che per studiare l’inglese è andato nei mesi estivi negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Irlanda. “Sono partito per la Cina senza conoscere una parola di cinese. Mia madre continuava a ripetermi di iscrivermi a un corso, ma l’esperienza mi ha insegnato che una lingua si impara davvero solo vivendo e sperimentando. Studiare serve, ma non basta. Bisogna acquisire i suoni e lasciarsi permeare dalla cultura del paese in cui si parla quella lingua. E in Cina la scuola ti consente proprio di immergerti nella loro cultura, organizzando completamente la giornata, che inizia alle 5.30 con la colazione per essere in classe in tempo alle 6:50 per le pulizie. Sì perchè in Cina gli studenti puliscono la scuola! La giornata termina alla sera, ma mai prima delle 20 (ma spesso alle 22!), dopo un alternarsi di lezioni non solo di lingua cinese ma anche di musica, danza, thè, taichi, cucina e badminton”.
Può bastare un anno per imparare una delle lingue più difficili al mondo? Sembra proprio di sì e Simone mi racconta che alla fine dell’anno riusciva a “trattare” come un “locale” e non più uno straniero quando faceva acquisti.
“Ho appena finito la maturità scientifica, e sono pronto a ripartire. il futuro è davanti a me”.
Thailandia, destinazione indipendenza
Davide è rientrato da poco più di un mese dalla Thailandia e il suo sguardo è ancora permeato degli effetti di un’esperienza profonda che ancora non è completamente diventata ricordo.
Davide ha scelto la Thailandia, come una destinazione un po’ diversa da quelle solite che consentono di migliorare l’inglese. “Sono partito perché volevo partire, non mi interessava imparare una nuova lingua, tanto più l’inglese che avevo già approfondito con altre vacanze studio”. La partenza è stata entusiasmante e ricca di aspettative, perché i ragazzi su quell’aereo con destinazione Thailandia erano davvero tanti. Ma una volta arrivati là, ognuno ha seguito strade diverse. Davide è stato affidato a una famiglia benestante, che vive in un paesino circondato da campi di riso e dove c’è poco da fare oltre alla scuola se non rinchiudersi nei centri commerciali. “Mi sono sentito solo, come non mi era mai capitato prima. La famiglia che mi ospitava era spesso via per lavoro e nel week-end non organizzava mai il tempo per fare qualcosa insieme. Fare amicizia con i coetanei non era semplice, mi sentivo straniero. Più di una volta ho pensato <ma chi me l’ha fatto fare>, poi però ho sempre pensato che ero io che avevo voluto partire e la situazione sarebbe sicuramente cambiata…prima o poi”. Il tempo passa, Davide non pensa di poter chiedere di cambiare famiglia (se ne renderà conto solo alla fine), e così tiene duro, fino a febbraio, quando in Thailandia la scuola finisce per le vacanze estive. “Ho ripreso i contatti con i ragazzi che avevo conosciuto durante il viaggio di andata, e ho deciso di vedere la Thailandia. Insomma non poteva essere così diversa da quella che ognuno di noi immagina”. Così, un po’ contro le regole di Intercultura che vieta ai ragazzi di viaggiare da soli (non accompagnati dai volontari o dalle famiglie ospitanti) Davide parte, si organizza trasferimenti e sperimenta l’accoglienza di altre famiglie presso le quali alloggiano altri ragazzi come lui. “La mia esperienza potrebbe sembrare negativa, e invece il bilancio è positivo: il mio inglese è migliorato sensibilmente, ho sperimentato e raggiunto l’indipendenza e mi sento di abitare il mondo”, conclude Davide, svelandomi che in Thailandia ci tornerà molto presto…a Natale, per ritrovare la fidanzata. Ah già, perchè in quel paese lontano ha trovato anche l’amore.
Apri la tua casa al mondo
La famiglia di Simone (lo stesso che è andato in Cina) si è riunita quasi al completo (manca solo Luca, che è in Università) per raccontarmi la loro esperienza. “Siamo da sempre abituati ad ospitare amici e conoscenti, ma solo per brevi periodi. Al massimo un mese, il tempo di un incontro di lavoro. Non avevamo mai pensato di offrire ospitalità per un intero anno” spiega Giuseppe, il papà, che si è trasferito tanti anni fa al Nord dalla Sicilia. L’occasione arriva poco dopo la partenza di Simone, quando l’associazione Intercultura si trova costretta a trovare rapidamente una nuova sistemazione per una ragazza australiana. “Abbiamo deciso di provare e di aprire la nostra famiglia, ma dopo poco tempo la ragazza ha deciso di tornare a casa sua. Non riuscivamo a capire il perchè…lo sentivamo come una sconfitta. Eppure avevamo cercato di trattarla come una figlia ” mi racconta Maria Antonietta, la mamma. Ma il capitolo dell’ospitalità non si chiude così, perchè dopo qualche tempo, vengono nuovamente contattati: ZiChen ha bisogno di una famiglia ospitante. Dopo mille perplessità e un consulto familiare, tutti concordano sul riprovare l’esperienza. Non sarà facile. ZiChen dalla Cina arriva senza conoscere una parola di italiano e con in tasca solo un po’ di inglese. “Era timidissimo e aveva paura di sbagliare. Mi copiava in tutto. Quando mangiavo io, mangiava anche lui. Se andavo a fare una passeggiata, veniva con me. Di me e di tutto il mondo femminile aveva un grande rispetto. Non è mai entrato nella mia stanza”, racconta Sara la sorella più giovane. All’inizio ZiChen era un ospite, ma nel giro di poco tempo è diventato parte della famiglia. Strano da crederci? “Ciao papà, come state?” Ecco la dimostrazione in diretta; mentre chiacchieriamo Giuseppe lancia la videochiamata e ZiChen risponde in italiano e manda baci alla mamma. Sì perché l’anno all’estero è anche questo: avere due mamme, due papà e tanti fratelli!