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L’obesità e le sue comorbidità

di Giovanni Corsello e Violetta Di Pietrantonio, Clinica Pediatrica, Università di Palermo

15 maggio 2018

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 La “globesity” ― neologismo coniato all’inizio del XXI secolo per identificare la diffusione globale dell’obesità ― rappresenta oggi una vera e propria emergenza sanitaria in tutto il mondo.

Nonostante l’allarme lanciato negli ultimi 20 anni dalla comunità scientifica, solo quattro anni fa ― ossia nel 2013 ―  l’American Medical Association ha riconosciuto l’obesità, in considerazione del rischio che comporta per lo stato di salute, come una vera e propria “malattia”. Questo riconoscimento ha, del resto, rappresentato una svolta epocale nel modo di intendere questa patologia dagli organi di politica sanitaria di tutto il mondo, ponendo l’attenzione sull’importanza di individuare e trattare precocemente ed in modo sistemico questa “malattia”, intesa come patologia su base multimetabolica ed ormonale, che causa esiti sfavorevoli quali il diabete di tipo 2, la patologia cardio-cerebro-vascolare e alcune forme di neoplasie.

Del resto, non solo l’insorgenza di obesità in età scolare, e ancora di più nell’adolescenza, è predittiva di obesità in età adulta, ma questa temibile patologia determina anche un impatto negativo sulla qualità della vita e si associa ad un incremento della morbilità e mortalità a lungo termine, configurando l’eccesso ponderale come una vera e propria “condizione di disabilità”.

L’origine di questa evoluzione può essere rintracciata nel principio, di recente acquisizione, che il tessuto adiposo viscerale è un vero e proprio organo endocrino e svolge un ruolo di primo piano nella genesi e nella progressione della malattia aterosclerotica attraverso la produzione di “adipocitochine”, con il conseguente mantenimento di uno stato infiammatorio cronico subacuto, già rinvenibile in età pediatrica ed adolescenziale. Questi dati, poi, trovano un ulteriore conferma nell’associazione tra l’obesità infantile e le sue comorbidità, che, precedentemente ritenute prerogativa esclusivamente dell’età adulta, svolgono, oggi, un ruolo significativo nella gestione di questa malattia in relazione al loro impatto clinico e alla loro potenziale irreversibilità. Certo, non sarebbe proficuo stilare un elenco di tutte le patologie associate all’obesità dal momento che esse coinvolgono numerosi organi ed apparati, compromettendo non solo il profilo endocrino-metabolico, l’apparato respiratorio e le strutture osteo-cartilaginee del bambino e dell’adolescente obeso, ma anche il suo complesso assetto biologico e psicologico, nonchè il suo inserimento sociale.

Numerose e solide evidenze scientifiche dimostrano, del resto, che esiste una forte relazione fra indice di massa corporea (BMI), circonferenza della vita e pressione arteriosa. Per tale motivo bambini e adolescenti obesi sono considerati da tutte le linee guida internazionali e raccomandazioni come una delle categorie nelle quali è fortemente raccomandato lo screening per la ricerca di alti livelli pressori. In particolare, la prevalenza di ipertensione arteriosa ha un ampio range ― compreso tra il 3 ed il 40% ― in relazione alla popolazione ed alle metodiche di misurazione utilizzate.

La situazione attuale

Oggi, in seguito alla diffusione dell’obesità in età evolutiva, anche in età pediatrica la forma più frequente di ipertensione è rappresentata dall’ipertensione essenziale.  Per i suoi noti effetti sulla disfunzione endoteliale e sull’ispessimento delle parti arteriose, la diagnosi di ipertensione deve essere sempre posta anche in età pediatrica e la misurazione della pressione arteriosa è raccomandata ogni anno in tutti i bambini con obesità a partire dall’età di 3 anni.

Inoltre, le turbe del metabolismo glucidico rappresentano una complicanza frequente dell’obesità anche in età pediatrica ed adolescenziale. L’insulino-resistenza, definita come la diminuita risposta dei tessuti alle azioni cellulari mediate dall’insulina, è strettamente correlata con la deposizione di grasso periviscerale e rappresenta il primum movens per lo sviluppo di prediabete e di diabete mellito di tipo 2 anche in età evolutiva. Oltre il 50% dei bambini ed adolescenti obesi presentano un iperinsulinismo reattivo, che, nei soggetti geneticamente predisposti, può evolvere verso l’intolleranza agli idrati del carbonio ed il diabete mellito di tipo 2, il quale nell’ultimo decennio ha visto un notevole incremento della sua prevalenza nella popolazione pediatrica.

Nonostante nel 25-30% dei bambini obesi italiani siano stati riscontrati alti livelli di trigliceridi o bassi livelli di HDL-Colesterolo (HDL-C), purtroppo lo screening per l’iperlipidemia è tenuto ancora in scarsa considerazione in età pediatrica. Poiché la combinazione eccesso ponderale-iperlipidemia si è rivelata predittiva di eventi cardiovascolari fatali e non fatali nella vita adulta, le linee guida fortemente raccomandano lo screening dei lipidi nei bambini/adolescenti con obesità a partire dai 6 anni. Al fine di semplificare l’identificazione di soggetti con dislipidemia aterogena (alti livelli di trigliceridi e/o bassi livelli di HDL-C), studi recenti hanno dimostrato che il rapporto tra Trigliceridi e HDL-C  (Tg/HDL-C) ― poco dipendente dal sesso e dall’età ― è uno strumento semplice per identificare i bambini con dislipidemia aterogena, insulino-resistenza e con danno d’organo precoce.

Infine, la letteratura riporta una prevalenza della steatosi epatica non alcolica (NAFLD), la forma più comune di epatopatia cronica, anche in età evolutiva del 38-46% nei bambini obesi, rispetto al 3-10% nella popolazione generale. Le linee guida internazionali e nazionali suggeriscono di ripetere le indagini di screening per la ricerca della NAFLD ogni anno nei bambini obesi ed in sovrappeso con aumento del rapporto Vita/Altezza. I dati attualmente disponibili in letteratura, seppur esigui, evidenziano un andamento progressivo della patologia, con possibile rapida insorgenza di fibrosi epatica in pazienti geneticamente predisposti.

Sebbene in molti abbiano provato a definire la sindrome metabolica nella popolazione pediatrica, a oggi non esiste un consenso unanime definitivo. Malgrado la relazione tra obesità viscerale, dislipidemia, diabete mellito e ipertensione sia nota da tempo, a tutt’oggi mancano, in età pediatrica, criteri univoci e basati sulle evidenze scientifiche per l’identificazione di questo insieme di patologie, che rappresenta il più importante fattore predittivo di malattia cardiovascolare in età adulta.

In conclusione, la prevenzione primaria e secondaria, la gestione integrata e sistemica delle comorbidità associate all’obesità e la sorveglianza dei disturbi del comportamento alimentare rappresentano i punti cardine dell’approccio ad una tra le patologie croniche più impegnative per la società attuale. Bisogna favorire la capacità dei bambini e delle loro famiglie di scegliere uno stile di vita salutare, assumendosi una responsabilità diretta e consapevole nei confronti del proprio benessere fisico, psichico e sociale.

 

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