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La pertosse: come riconoscerla e curarla

di Roberto Burioni, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia

31 maggio 2018

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La pertosse è una malattia che ha due caratteristiche che la rendono particolarmente temibile. La prima è quella di essere una delle infezioni più contagiose che esistano; pensate che è stato calcolato che un malato riesce a infettare oltre l’80% degli individui suscettibili che incontra. La seconda è che, al contrario di quello che alcuni pensano, è una malattia che può essere molto grave, particolarmente nei bambini più piccoli.

Le cause e le manifestazioni

Causata da un batterio che viene trasmesso con le goccioline di saliva, chiamato Bordetella pertussis, comincia assomigliando a un semplice raffreddore che non passa, con qualche linea di febbre, rendendo da subito il malato estremamente contagioso. Dopo circa un paio di settimane si trasforma in qualcosa di molto simile a un incubo per il bimbo e per i suoi genitori: è la fase detta parossistica, in cui la malattia provoca una tosse fatta di attacchi molto frequenti (in media 15 al giorno!), intensi e fastidiosi.
Il bimbo che ne è colpito soffre moltissimo durante questi episodi, fatti di una tosse incontrollabile che lo sconquassa in maniera davvero penosa e che termina con un agghiacciante ululato nel momento in cui il paziente riesce di nuovo a prendere fiato; la respirazione è talmente difficile da rendere non di rado la pelle del piccolo blu per la mancanza di ossigeno dovuta alle difficoltà di respirazione causate dalla tosse intensissima e incontenibile.

La malattia si diagnostica tipicamente in questo momento, quando è tardi per una terapia pienamente efficace. Un suo aspetto pericoloso è che le sostanze tossiche prodotte dal batterio (dette tossine) hanno un effetto molto deleterio sull’apparato respiratorio e in particolare sulle ciglia che ne ricoprono la superficie interna. In un individuo sano queste ciglia, con il loro movimento, spostano il muco dalla profondità dei polmoni verso la bocca, portando via anche i batteri che attraverso l’aria arrivano nelle parti più lontane dell’apparato respiratorio e che vengono catturati dal muco. Il batterio della pertosse “rompe” questo sistema di difesa molto efficace, i germi non vengono rimossi efficientemente dai polmoni e la conseguenza è che spesso (un caso su cinque) i bambini piccoli ammalati di pertosse finiscono in ospedale con una polmonite, che non sempre è facile da curare. Non solo: durante gli attacchi di tosse arriva poco ossigeno al cervello e questo può portare addirittura a danni permanenti, quando non alla morte.

Il vaccino

Insomma, siamo davanti a una malattia temibile, che può avere gravi conseguenze. Per fortuna abbiamo un vaccino che ci protegge con efficacia (contenuto nel vaccino esavalente), stimolando l’organismo a produrre degli anticorpi diretti contro le sostanze tossiche prodotte dal batterio. La vaccinazione, anche quando non riesce a impedire l’infezione, previene comunque la malattia o la fa decorrere in forma assai lieve, tanto da renderla non più pericolosa. Purtroppo il vaccino è molto sicuro ma non è perfetto: l’immunità che induce è molto utile per difendere il bimbo, ma non dura a lungo. Per questo la mamma, seppure vaccinata da piccola, quando rimane incinta non ha più gli anticorpi e non può quindi trasmetterli al bambino, che deve contare solo sulle sue difese; per questo è importante che chi aspetta un bimbo si vaccini durante la gravidanza: in questo modo potrà donare  al bambino una bella scorta di anticorpi che lo proteggeranno nel momento in cui ne avrà più bisogno. Ma gli anticorpi della mamma non durano a lungo, per cui è cruciale che il piccolo riesca il prima possibile a dotarsi degli anticorpi da lui prodotti, e perciò dobbiamo subito vaccinarlo, in modo che senza ritardi possa essere in grado di difendersi da solo. Essendo immune, nel caso malaugurato di un’infezione non si ammalerà gravemente. Ritardando il vaccino, come purtroppo scelgono di fare alcuni genitori, non otterremo nessun beneficio, ma lasceremo solo la porta aperta per un tempo maggiore a un nemico molto pericoloso.

Per ultimo, abbiamo detto che la vaccinazione – sicurissima – ha però il difetto di non fornire un’immunità perpetua. Questo è un guaio, perché adulti parzialmente immuni possono ammalarsi di pertosse con sintomi molto sfumati, ma nonostante la lieve malattia saranno perfettamente in grado di trasmettere la malattia agli individui suscettibili, tra i quali ci può essere un bimbo che ha terminato la scorta di anticorpi ricevuti della madre e non ha ancora avuto il tempo di produrre i suoi. Per questo è molto importante, quando si ha un bambino piccolo, utilizzare la strategia del “bozzolo”. Cosa si intende con questo termine molto singolare? Semplice: si costruisce una “cintura di sicurezza” intorno al neonato fatto di persone vaccinate e immuni, in modo che non possano essere infettate dal batterio della pertosse e quindi non possano trasmetterglielo. L’adulto che vuole accudire un neonato deve fare il richiamo del vaccino contro la pertosse: sarà protetto il bimbo, sarà protetto lui e siccome al vaccino contro la pertosse è associato anche quello contro il tetano, darà una provvidenziale rinfrescata anche all’immunità contro questa pericolosa malattia.

 

 

Riferimenti
CDC pink book – Pertussis
Plotkin’s Vaccines – settima edizione

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