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Ragazzi normalmente violenti. Qual è il ruolo della scuola e della famiglia?

di Maura Manca, Psicologa

18 dicembre 2018

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E’ molto preoccupante questo incalzare della violenza nelle vite dei nostri bambini e adolescenti, soprattutto perché episodi di bullismo e prevaricazione li troviamo ormai a partire dalle scuole materne. Tante volte le risposte le abbiamo sotto gli occhi ma non riusciamo a vedere che gli stiamo trasmettendo dei modelli di quotidiana violenza.

I mass media riportano sempre più frequentemente fatti di cronaca relativi ad episodi di aggressività e violenza messi in atto da ragazzi sempre più piccoli. E’ molto preoccupante questo incalzare della violenza nelle vite dei nostri bambini e adolescenti, soprattutto perché episodi di bullismo e prevaricazione li troviamo ormai a partire dalle scuole materne.

Si tratta di storie di quotidiana violenza non riconosciuta da grandi e piccini, vista da loro come un “gioco”, un divertimento e un passatempo per contenere una noia esistenziale da cui sono “affetti” sempre più adolescenti. In effetti, come può un comportamento letto come divertente essere identificato come violenza? È un’evidenza quindi che da soli non hanno gli strumenti e le competenze per farlo, non sono in grado, senza che qualcuno glielo insegni, di mettersi nei panni dell’altro e di capire che ciò che a loro diverte, ad un’altra persona può far veramente male. Tanti ragazzi, inoltre, percorrono il loro viaggio completamente sprovvisti del bagaglio di valori di base che ogni bambino dovrebbe invece avere.

Un altro degli aspetti particolarmente gravi legato a questi episodi di violenza quotidiana, è proprio il fatto che tanti adulti, genitori o insegnanti, li indentifichino ancora, nonostante siano ormai argomenti di pane quotidiano, come bambinate o ragazzate, sottovalutando la gravità del problema e andando a rinforzare queste modalità distorte di relazionarsi e di muoversi all’interno della società.

Fa riflettere anche la superficialità con cui questi ragazzini fanno del male ai coetanei, e in tanti casi anche a loro stessi, anche quando non lo fanno con cognizione di causa, come, per esempio, quando partecipano a sfide di coraggio in cui rischiano la vita o muoiono nei modi più assurdi, pur di dimostrare il proprio ruolo e di definire il proprio essere nel gruppo e nel mondo.

Sempre più piccoli, sempre più violenti

Ciò che deve far riflettere è quindi soprattutto l’età dei ragazzi coinvolti sempre più bassa, e la facilità con cui troppi adolescenti agiscono in modo aggressivo senza rendersi conto delle reali conseguenze dei loro comportamenti, su se stessi e sugli altri, interpretati come corretti e giustificabili.

Si tratta di un fenomeno ormai trasversale in cui sono implicati ragazzi di tutti i ceti sociali, che vede in crescita anche il numero di femmine coinvolte in atti devianti o trasgressivi. Questi comportamenti si inseriscono, inoltre, in un contesto che vede in conflitto la scuola e la famiglia in qualità di principali agenzie educative e i basilari punti di riferimento di bambini e adolescenti. “Se l’ambiente in cui crescono e si muovono non è in grado di rispondere in maniera efficace alle loro richieste, si determina in loro un deficit nel riconoscimento e nella regolazione delle emozioni che rischia di guidarli ancora di più verso manifestazioni comportamentali dirompenti e violente. Alla base dei problemi relazionali c’è l’incapacità di riconoscere, utilizzare e gestire in modo consapevole le proprie emozioni e quelle dell’altro, aspetto che porta inevitabilmente a fenomeni come il bullismo, l’aggressività e la violenza. Siamo circondati da una nube di malsano egoismo e le relazioni, comprese quelle familiari e scolastiche, sono fondate su una competitività distruttiva. Competizione tra fratelli, tra amici, nello sport e dietro i banchi di scuola. In una società di talent e di talenti, la pressione sociale e social aumenta esponenzialmente e le prestazioni precedono di gran lunga le emozioni, che le seguono zoppicanti a fatica. Tutto è incentrato su valutazioni, giudizi, dita puntate e omologazione, non sul valore personale e sulle differenze individuali intese come un’importante risorsa. ” (Tratto dal mio ultimo libro Ragazzi Violenti. Un viaggio nelle menti di vittime e aggressori, edito da Imprimatur).

È da qui che dobbiamo partire, dal capire che se a questi ragazzi non gli diamo delle alternative, non gli forniamo degli spazi psichici e fisici in cui muoversi ed esprimersi, saranno sempre più normalmente violenti.

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