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Antibiotico-resistenza: occorre agire

di Giorgio Donegani, Tecnologo alimentare

25 marzo 2019

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Di tanto in tanto il vocabolario della salute si arricchisce di nuovi termini. A volte indicano il positivo progredire della scienza, che ha bisogno di parole nuove per definire le nuove scoperte (è il caso, per esempio, dei “probiotici”), ma sempre più spesso indicano condizioni negative che non ci si sarebbe aspettati di dover affrontare. È il caso della “antibiotico-resistenza”, un problema che sta acquistando sempre maggiore rilievo sanitario e che, per essere risolto, richiede l’impegno di tutti…

La nascita dei “superbatteri”

Da quando agli inizi del secolo scorso Alexander Fleming scoprì la penicillina, gli antibiotici si sono rivelati un aiuto fondamentale per contrastare una quantità di patologie prima difficilmente risolvibili: polmoniti, cistiti, gastroenteriti, infezioni di ogni genere… Negli anni la ricerca è stata capace di individuare i principi più adatti a combattere i diversi le diverse specie batteriche, al punto che è difficile calcolare quanti milioni di vite umane abbiano salvato gli antibiotici. Oggi però ci troviamo di fronte a un fenomeno nuovo, imprevisto e grave: quello della “antibiotico-resistenza”: evolvendosi come ogni specie vivente, molti batteri hanno “imparato” a resistere a questo tipo di farmaci trasformandosi in una sorta di micidiali superbatteri che è molto difficile contrastare con i medicinali attualmente a disposizione.

Le cause

Gli antibiotici agiscono in modi diversi come killer dei batteri nocivi: alcuni sono capaci di ucciderli distruggendo i loro organi vitali (come la parete cellulare che li avvolge), altri invece annullano la capacità dei germi di nutrirsi e trarre energia, altri ancora ne impediscono la riproduzione… Nel loro modo di agire gli antibiotici sono più o meno selettivi: alcuni, definiti “ad ampio spettro d’azione”, riescono a contrastare molte specie batteriche diverse, mentre altri si rivelano efficaci soltanto su alcune specie. Purtroppo, proprio la disponibilità di antibiotici ad ampio spettro ha favorito spesso un approccio superficiale nella prescrizione: a volte si procede per tentativi iniziando con un antibiotico a largo spettro per poi provarne un altro se non funziona, sino a trovare quello efficace. È evidentemente un approccio sbagliato che favorisce pericolosamente la selezione di batteri resistenti.

Il richiamo dell’Aifa

A questo proposito, il richiamo diffuso recentemente dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, suona un po’ come un grido d’allarme: si prescrivono troppi antibiotici, molto spesso inutilmente, e questo va a scapito della salute di tutti. In base ai rilevamenti effettuati, noi italiani consumiamo più antibiotici rispetto alla media europea: nel 2017 sono state assunte 21,8 dosi al giorno per mille abitanti, ma ciò che colpisce è anche la distribuzione geografica dei consumi: mentre al Nord si assumono ogni giorno 18 dosi di antibiotici per 1000 abitanti, al Sud il dato è di 26,5 dosi. È molto strano che proprio nelle regioni de Sud, dove per il clima più mite ci si dovrebbe ammalare meno, si prescriva una quantità di antibiotici molto più alta, e sorge il dubbio che le prescrizioni non siano sempre appropriate. A questo proposito l’Aifa cita come esempio l’associazione amoxicillina con acido clavulanico: “I dati suggeriscono un probabile sovra-utilizzo di questa associazione – dicono da Aifa – laddove potrebbe essere indicata la sola amoxicillina, che ha uno spettro d’azione più selettivo e ha quindi un minor impatto sulle resistenze”.

I problemi della ricerca

A rendere ancora più problematiche le cose c’è il fatto che la maggior parte degli antibiotici in uso è stata sviluppata prima degli anni ‘70, mentre in seguito la ricerca ha proceduto molto lentamente, cosicché i batteri resistenti hanno avuto molto tempo, addirittura diversi decenni, per poter crescere e diffondersi, arrivando oggi a costituire un pericolo più che reale. I numeri di un recente studio dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) purtroppo parlano chiaro, ed è sempre Aifa a evidenziarlo: nel 2015 “nei Paesi dell’Unione europea e dello spazio economico europeo, si sono verificati 671.689 casi di infezioni antibiotico-resistenti, a cui sono attribuibili 33.110 decessi, un terzo dei quali si è verificato in Italia, evidenziando la gravità del problema nel nostro Paese. Dall’indagine risulta inoltre che le infezioni resistenti agli antibiotici sono diffuse in tutte le fasce di popolazione, ma colpiscono in particolare le fasce estreme di età. Il 75% dei casi dovuto a infezioni correlate all’assistenza sanitaria, e ciò a sostegno della necessità di intervenire con azioni di contrasto soprattutto negli ambienti di cura“.

Un problema anche l’allevamento

In effetti molte specie di batteri resistenti sono state capaci di svilupparsi soprattutto nelle comunità dove è più facile che possano “fare gruppo”, prime tra tutte gli ospedali, ma sono a rischio anche le scuole dell’infanzia e gli asili nido, senza dimenticare l’importanza che hanno gli ambienti della ristorazione per il diffondersi di quei batteri responsabili di infezioni alimentari.

A proposito del cibo, va poi ricordato che sempre la disponibilità di antibiotici molto efficaci ha portato al diffondersi di pratiche scorrette anche nell’allevamento del bestiame, dove si è spesso assistito a un uso dissennato ed esagerato degli antibiotici, somministrati insieme ai mangimi non solo a scopo curativo, ma con l’idea di prevenire le infezioni. E questo nonostante in Europa dal 2006 sia vietato per legge somministrare antibiotici per favorire la crescita del bestiame e proteggerlo dalle malattie.

L’importanza della prevenzione

Sulla spinta di quella che ormai è una vera e propria emergenza sanitaria, la conferenza Stato-Regioni ha emanato un piano nazionale per contrastare l’antibiotico-resistenza, raccogliendo molte delle indicazioni fornite anche dall’OMS. Sono sempre più diffuse, nel settore dell’allevamento, le filiere cosiddette “antibiotic free”, e questo è certamente un dato positivo, ma è importante che alla scelta di alimenti ottenuti senza l’uso di questi farmaci si accompagni anche una uguale attenzione nella cura personale. Per prima cosa si dovrebbe cercare di ricorrere il meno possibile agli antibiotici e solo nei casi di reale necessità (non bisogna dimenticare che questa classe di farmaci è assolutamente inutile per contrastare virus come quelli del raffreddore e dell’influenza), sempre sotto controllo del medico. Nel caso si sia costretti a utilizzare antibiotici non bisogna poi dimenticare che è assolutamente sbagliato interrompere la terapia senza completarla, fermandosi ai primi miglioramenti: sentirsi meglio non garantisce che si siano davvero sconfitti tutti i batteri nocivi sensibili al farmaco, e neanche che il nostro sistema immunitario abbia ritrovato la forza per combattere quelli resistenti…

Ancora più importante dell’utilizzare bene gli antibiotici, sarebbe però riuscire a prevenire la necessità di farne uso. All’atto pratico, oggi più che mai l’arma migliore per contrastare l’antibiotico-resistenza è seguire una sana alimentazione e condurre uno stile di vita attivo, così da potenziare in modo naturale le nostre difese e rendere il sistema immunitario capace di lavorare meglio di qualsiasi antibiotico.

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