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Gli alimenti bio: valore, sicurezza, controlli

di Giorgio Donegani, Tecnologo alimentare

24 ottobre 2019

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Un trend ancora in crescita quello della spesa per i prodotti alimentari biologici, che nel 2018 ha visto segnare un amento del 3,0% sul valore dell’intero settore agroalimentare… un segnale che conferma nuovamente l’attenzione dei consumatori nei confronti del bio. Ma quali vantaggi offre questo tipo di scelta? Proviamo a dare risposta ai dubbi più comuni…

Che cos’è veramente l’agricoltura biologica?

I numeri parlano chiaro: se nel 2018 la spesa per il “bio” aveva sfiorato i 2,5 miliardi di euro, nel primo trimestre del 2019 la tendenza si confermava, registrando un ulteriore incremento dell’1,5% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno e la crescita del bio sembra inarrestabile. Un carrello di spesa, quello dei consumatori di prodotti biologici, sempre più ricco di frutta e verdura, sempre più carico di uova fresche, di carne (soprattutto pollo), di olio extravergine di oliva e anche di vino.

Ma nonostante aumentino la spesa e l’interesse nei confronti del bio, non tutti hanno ancora le idee ben chiare su cosa voglia dire veramente “agricoltura biologica”, considerandola per lo più come un ritorno a metodi di coltura e allevamento utilizzati un tempo. La realtà è ben diversa: il comparto agricolo biologico è regolato da precise norme di legge, che ammettono solo l’impiego di sostanze naturali, escludendo l’utilizzo di composti di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi) e si avvale di tecniche molto avanzate, frutto di una continua ricerca e di un progressivo miglioramento.

In pratica, quella biologica è un’agricoltura sana che mette in primo piano la tutela della salute dei consumatori, il benessere degli animali (che hanno ampi spazi a disposizione, si nutrono di erba e foraggio biologico e non assumono antibiotici, ormoni o altre sostanze), ma soprattutto è un’agricoltura sostenibile, perché in grado di sviluppare un modello di produzione che evita lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali del suolo, dell’acqua e dell’aria.

I prodotti biologici sono più sani e sicuri?

Un’agricoltura che si impegna ad apportare innovazione nel settore e che persegue scelte di sostenibilità ambientale non può prescindere dal produrre un cibo buono, sicuro e di qualità. Nel dossier “Stop ai pesticidi” redatto da Legambiente a febbraio 2019, si evidenziava come su 134 campioni di prodotto analizzati provenienti da agricoltura biologica, uno soltanto contenesse dei residui chimici, mentre dall’analisi dei prodotti ottenuti con coltivazione convenzionale, emergeva la presenza di residui (fungicidi e insetticidi) nel 34% dei campioni. Va detto che per la maggior parte dei casi, le quantità di residui rilevate erano nei limiti di legge, ma il problema si pone comunque: se è possibile evitare completamente di assumere inquinanti, perché non farlo? Senza dimenticare che in un 18% dei campioni si è trovata la presenza di residui diversi, ciascuno nei limiti, ma nell’insieme rilevati in quantità significativa. Sul piano della sicurezza, dunque, biologico OK!

Ma il biologico nutre di più?

Non ci sono vere evidenze che i prodotti biologici siano più nutrienti rispetto agli altri, anche se secondo diversi studi pare proprio che il biologico garantisca non solo una maggior sicurezza, ma anche un miglior nutrimento.

Negli anni passati tre progetti di ricerca europei dell’Università di Hohenheim, in Germania, avevano evidenziato che i pomodori biologici contengono più sostanza, zuccheri, vitamina C, betacarotene e flavonoidi, che le pesche biologiche hanno un maggior contenuto di polifenoli (fattori protettivi), e che la purea ottenuta da mele biologiche è più ricca di antiossidanti rispetto a quella di mele provenienti da agricoltura convenzionale. Anche il rapporto “State of Science Review”, a cura di The Organic Center for Education and Promotion (Stati Uniti), aveva evidenziato che i prodotti bio possiedono livelli di antiossidanti superiori in media del 30% rispetto agli analoghi convenzionali, e in effetti si può pensare che una pianta non trattata con composti chimici, debba produrre autonomamente quelle sostanze protettive a lei utili (primi tra tutti gli antiossidanti) per difendersi dalle avversità dell’ambiente. In tempi più recenti altri studi hanno correlato il consumo di prodotti bio con un mino rischio di alcune malattie, quali, per esempio l’obesità (Kesse-Guyot, 2013) e le allergie (Stenius, 2011), ma queste affermazioni non possono essere considerate conclusive poiché è molto difficile separare i benefici apportati dagli alimenti, da quelli dei diversi fattori associati a un determinato stile di vita. In definitiva, ciò che va ribadito è che la scelta del biologico non deve essere motivata dalla ricerca di un maggior valore nutritivo, ma dalla sensibilità verso un’agricoltura più sstenibile.

Come riconoscere se un prodotto confezionato è veramente biologico?

Innanzitutto esiste un logo europeo che rappresenta una foglia stilizzata su fondo verde, disegnata con le stelline dell’unione europea. Il logo europeo si può e si deve apporre solo ai prodotti chiusi confezionati ed etichettati, con una percentuale di ingredienti di origine bio di almeno il 95%, mentre per il restante 5% la UE ha stilato una lista di sostanze permesse (zucchero di barbabietola, pepe del Perù, fiori di cartamo, alcuni grassi particolari…). Il logo europeo è facoltativo nei prodotti con le stesse caratteristiche ma provenienti da paesi terzi. In effetti l’etichettatura del bio prevede che sia indicato il luogo di coltivazione dei prodotti. Le indicazioni previste sono: Agricoltura UE (per prodotti coltivati in uno dei paesi comunitari), Agricoltura non UE (prodotti coltivati in paesi terzi), Agricoltura UE / Agricoltura non UE (prodotti contenenti prodotti NON coltivati in parte in Europa e in parte in paesi terzi).

Se un prodotto è costituito di ingredienti coltivati solo in Italia, la dicitura Agricoltura UE può essere sostituita dal nome del paese es: “Italia”: l’etichetta sarà quindi Agricoltura Italia.

Altra indicazione fondamentale e obbligatoria per legge è il nome dell’Organo di controllo (ce ne sono diversi riconosciuti in ogni paese) che certifica la “biologicità” del prodotto: se questo manca, non si tratta di un alimento “bio”.

Come posso scegliere il biologico con la massima sicurezza di non incorrere in truffe?

Il settore del biologico rimane il più controllato e verificato dell’agroalimentare italiano: ogni anno vengono fatte decine di migliaia di visite ispettive e un alto numero di campionamenti che coinvolgono tutti i produttori biologici. Un sistema che funziona e che ha più volte dimostrato la sua efficacia nello smascherare eventuali truffe. Inoltre, sono proprio le associazioni dei produttori e gli enti di certificazione a dare il consiglio migliore per evitare sorprese: accorciare al massimo la filiera avvicinando produttore e consumatore. In pratica per cautelarsi ulteriormente è bene preferire prodotti biologici a filiera corta, italiani (accertandosi che sull’etichetta non compaiano prodotti non coltivati nella UE) e di stagione, provenienti da circuiti di trasformazione locali e, ovviamente, certificati da un organismo a norma di legge.

Vale davvero la pena spendere di più per il biologico?

Sicuri, nutrienti, garantiti, anche i prodotti biologici hanno un rovescio della medaglia, ed è il prezzo: costano mediamente il 20-25% di più di quelli convenzionali e si può arrivare anche a differenze maggiori, secondo i punti vendita e i prodotti. Valgono davvero la maggior spesa? Bisogna tenere presente che la preferenza nei confronti dei prodotti biologici va inquadrata anche in una scelta di vita più ampia e sostenibile, particolarmente sensibile ai problemi dell’ambiente, del lavoro e del benessere animale, ed è in quest’ottica che molti consumatori sono disposti a pagare un prezzo più elevato per gli alimenti biologici rispetto a quelli convenzionali.

Dovendo scegliere, cosa è meglio comprare Bio?

Chi si oppone alla diffusione del biologico spesso adduce argomenti che sono suggestivi, ma inconsistenti.  Non è vero, per esempio, che la coltivazione biologica favorisca lo sviluppo di muffe pericolose sui prodotti, così come non aumenta il rischio della presenza di germi nocivi, si tratta di evenienze che sono legate al modo di conservare gli alimenti e non a quello di produrli. E non vale più neppure l’equazione frutta bio = frutta piccola e brutta: il progresso della ricerca ha fatto si che oggi si possano ottenere vegetali biologici esteriormente perfetti e di dimensioni del tutto simili a quelli di coltivazione convenzionale.

Detto questo, è vero che ha più senso la scelta del bio per alcuni prodotti rispetto ad altri… Tutte le verdure a foglia, per esempio, espongono una grande superficie al contatto con gli eventuali inquinanti: spinaci, lattuga, erbette, indivia… in questo caso scegliere il biologico permette una garanzia in più nell’acquisto. Nel caso della frutta, il bio, poi, diventa d’obbligo per tutta quella che si mangia senza sbucciarla, soprattutto se viene coltivata vicino a terra, come le fragole, o quella che presenta una grossa superficie di contatto con l’esterno, come l’uva. Infine, altri prodotti che vale la pena di scegliere biologici sono i cereali integrali, perché è proprio nelle fibre esterne del chicco che si potrebbero concentrare i maggiori residui di pesticidi.

Meno significativo è invece l’impatto positivo del bio per quei prodotti che compaiono saltuariamente e in piccola quantità nelle nostre abitudini: lo zafferano bio esiste, ma vale la pena davvero  di comperarlo?

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