Per offrire una migliore esperienza di navigazione e per avere statistiche sull'uso dei nostri servizi da parte dell’utenza, questo sito usa cookie anche di terze parti.
Chi sceglie di proseguire nella navigazione su magazine.familyhealth.it oppure di chiudere questo banner, esprime il consenso all'uso dei cookie. Per saperne di più consulta la nostra Cookie Policy .

Ho capito, chiudi il banner.

X

Tutto il mio folle amore

E’ proprio vero che quando nasce un figlio, quel giorno stesso nascono anche due altre persone: i suoi genitori.

3 dicembre 2019

2564 Views

Regia di Gabriele Salvatores. Un film Da vedere 2019 con Claudio Santamaria, Valeria Golino, Diego Abatantuono, Giulio Pranno, Daniel Vivian. Cast completo Genere Drammatico – Italia, 2019, durata 97 minuti.

Trama

Vincent ha 16 anni ed è un ragazzo autistico. Vive con la madre Elena e il marito Mario, che però non è suo padre biologico. Il suo vero padre, infatti, si chiama Willy, è un cantante da balera ed è fuggito dalla scena della genitorialità nel momento stesso in cui Elena le ha annunciato che era incinta. Da allora non si sono più visti.

In una zona della vita che fa da crocevia tra un prima e un dopo (per dirla alla Dante potremmo immaginare che ci troviamo “nel mezzo del cammin di nostra vita”) Willy, una notte, entra di soppiatto nella casa di Elena, di cui non sa più nulla. Il loro ri-conoscersi è drammatico e mette l’uomo di fronte alla sua incapacità di farsi carico delle responsabilità della vita. Chiamato il “merda” nella famiglia di Elena, Willy si rende conto che il suo destino è riuscire ad abitare un’esistenza che gli ha permesso di diventare il “Modugno della Dalmazia”, che lo fa muovere di locale in locale, di balera in balera, di matrimonio in matrimonio. Ma sono sempre le vite degli altri quelle che lui osserva, stando a cantare sul palco. Della sua vita sa poco o niente. Per esempio, non sa nulla di suo figlio Vincent che, durante l’incursione notturna in casa di Elena, Willy si ritrova davanti, così, all’improvviso. Era per lui, probabilmente, che quella notte ha deciso di infiltrarsi in quella casa dove esiste una parte importante della sua vita, di cui non ha mai voluto interessarsi. Trovarsi davanti un figlio, completamente diverso da come se le era immaginato, trova Vincent spiazzato e ulteriormente dis-locato. Chi è quel ragazzo che gli sta di fronte? E chi è lui per quel ragazzo? Sono domande per le quali non c’è mai stato modo di trovare risposta. E forse nemmeno adesso è il tempo per farlo.

Così la mattina seguente, Willy si trova già in viaggio verso la nuova serie di concerti che lo vede prenotato. Facendo una pausa col suo pick up ai bordi della strada, ha la grande sorpresa di veder uscire da sotto un telo che lo teneva nascosto, proprio suo figlio Vincent, che ha deciso di fuggire con lui. Comincia così un tempo, breve e intenso, in cui i due sono costretti a viversi accanto, mentre in realtà, si muovono verso luoghi e destinazioni in cui Willy ha da tenere i suoi concerti. Quelle due domande per le quali non c’è mai stato tempo e modo per trovare risposta, ora sono lì, in mezzo a loro due, a dare senso al percorso che devono condividere.

Willy comincia così a immaginare il padre che avrebbe potuto essere, a fianco di un figlio che, nel suo essere diverso dalla norma, presenta infiniti tratti di tenerezza, bisogni di intimità, voglia di attaccamento a quel padre fuggitivo. Ma Vincent è anche un figlio che pone molte sfide educative, sfide che richiedono un cambio di prospettiva da quello normalmente utilizzato da genitori che crescono figli non affetti da una disabilità. Sospeso e confuso, chilometro dopo chilometro, Willy vede nascere dentro di sé il padre che non è mai stato, il genitore che non ha mai cercato di essere.

Ora dopo ora trascorsa insieme, Willy comprende il senso profondo della frase che suo figlio gli comunica e ripete più volte: “Vincent Masato, nato a Trieste il 13 luglio del 2003 da Elena Masato adottato dal signor Mario Topoli, tu ti chiami Willy boy e sei il mio papa” …..”Willy boy, Vincent bravo con papa”.

Arriverà il tempo del ricongiungimento con Elena e Mario per Vincent, ma non senza aver ritracciato i confini di un legame che anche se non c’è mai stato, in realtà risulta indelebile. Perché anche se un padre fugge alla notizia della nascita di suo figlio, quel figlio, se messo al mondo, al proprio padre non ci rinuncia.

Che cosa ci insegna questo film

Il film di Salvatores è un bellissimo inno alla paternità: quella mancata, quella claudicante, quella sospesa, quella che c’è anche quando apparentemente non si vede. Vincent rincorre un padre che per tutta la vita non si è fatto trovare e usa i mezzi che ha per aiutarlo a comprendere  che la vita è fatta di responsabilità e impegno, dimensioni che sembrano faticose, ma che quando vengono accolte nel proprio progetto di vita e genitoriale, poi servono a dare senso a tutto.

Il vero orfano, in questa storia, è Vincent. Un padre orfano di un figlio che c’è e non ha mai saputo ri-conoscere. Il viaggio che il caso (ma forse nulla avviene per caso in questo road movie) gli fa compiere ricompone i pezzi di un puzzle che rigenerano l’identità perduta di un uomo che forse, grazie al proprio figlio, sa intuire qual è la strada da fare per ritrovare il senso di sé e la propria dignità

Vincent, inoltre, con la propria “diversità” permette di riflettere intorno alle molte sfide che i genitori portatori di una qualche forma di disabilità devono affrontare giorno dopo giorno, ma consente anche di comprendere quanto il legame d’amore tra un genitore e un figlio è forte e intenso, completo e complesso, a prescindere dalle condizioni oggettive in cui si trova ad essere vissuto.

Il messaggio del film

Si è genitori non perché si dà vita ad un figlio, ma perché si permette a quel figlio di costruire una relazione con noi, giorno dopo giorno, e così facendo gli si permette di far nascere la nostra identità paterna e materna. E’ proprio vero che quando nasce un figlio, quel giorno stesso nascono anche due altre persone: i suoi genitori.

Le domande da porci dopo la visione del film

  1. Il regista ci mostra una storia di genitorialità “mancata”. Il personaggio di Willy è patetico e commovente allo stesso tempo. Quali sono, secondo voi, i motivi che hanno reso Willy incapace di “stare” nella sua storia di padre?
  2. Come e perché questi motivi perdono di significato e si affievoliscono nell’incontro diretto tra Vincent e Willy?
  3. Qual è il senso che date voi alle parole: “Vincent Masato, nato a Trieste il 13 luglio del 2003 da Elena Masato adottato dal signor Mario Topoli, tu ti chiami Willy boy e sei il mio papa” …..”Willy boy, Vincent bravo con papa”, parole che provocano un vero tsunami nel mondo interno di Willy?
  4. Come definireste lo stile genitoriale di Elena e Mario?
  5. Il film lascia intuire le molte sfide educative che deve affrontare un genitore che cresce un figlio portatore di disabilità. Quali sono quelle, che all’interno della storia, vi hanno colpito di più e perché?

Family Health si impegna a diffondere la cultura della prevenzione consapevoli che il primo passo per il proprio benessere è pensare alla salute.

Prova Family Health e il suo Fascicolo Sanitario Digitale Personale. Archivia i tuoi referti medici, condividi informazioni corrette con il tuo medico e tramanda la tua storia clinica alle generazioni future. SCOPRI DI PIù!

Patrocinato da: