In aumento lo stress genitoriale. Come riconoscerlo e come affrontarlo?
di Maura Manca, Psicologa
“Non ce la faccio più!”. È una frase pronunciata spesso da tanti genitori che vivono una condizione di stanchezza mentale ma che non implica minimamente che non si amino i propri figli o che si rifiutino. Significa semplicemente essere stanchi, soprattutto perché i ritmi della vita familiare di frequente sono molto incalzanti, devono coincidere con quelli di tutti gli altri membri e in certe occasioni, sono anche poco gestibili.
In questo periodo inoltre, si devono anche fare i conti con l’incertezza di ciò che sarà. Il non sapere, questa danza continua tra si apre e si chiude, tra forse, se e ma, soprattutto per quello che concerne i minori, non sta facilitando il ruolo genitoriale, diventa sempre più difficile pianificare e progettare a lungo termine. Non sappiamo a cosa andremo incontro, in particolare i più piccoli rischiano di non avere più i loro spazi di formazione e condivisione o di averli in maniera completamente diversa rispetto a prima. Questo stato psichico viene chiamato burnout; può essere favorito dalla somma di tante piccole situazioni prolungate nel corso del tempo oppure essere indotto da cambiamenti drastici all’interno del sistema familiare che hanno portato a subire un carico emotivo e fisico importante, senza avere neanche il tempo di riadattarsi. Il burnout letteralmente significa essere bruciati, esauriti, scoppiati e rappresenta la risposta individuale ad una situazione percepita come stressante, nella quale la persona non dispone di risorse e di strategie comportamentali o cognitive adeguate a fronteggiarla.
I genitori si trovano ad affrontare situazioni nuove, non programmate oppure a gestire continue incognite. Possono aumentare tensione, nervosismo e perdere facilmente la pazienza. Ovviamente, non si tratta di condizioni transitorie e sporadiche, ma di situazioni pressoché quotidiane, ripetitive e rilevanti. Non è sempre facile conciliare tutto e tutti, avere il peso dell’intera gestione familiare sulle proprie spalle, sapere di non potersi mai fermare per non far andare a picco la nave e soprattutto non potersi organizzare a lungo termine.
Perché non va sottovalutato?
L’aspetto che genera una forte condizione di stress è legato ai cambiamenti troppo repentini e veloci, difficili da metabolizzare. Si rischia di accumulare la fatica, la stanchezza, i pensieri e le preoccupazioni. Il genitore può arrivare a vivere uno stato continuativo di allarme, come se percepisse una continua condizione di pericolo, che può generare anche ansia e agitazione interna. Viene intaccato anche il tono dell’umore e si possono manifestare difficoltà nel provare o nell’esprimere emozioni. Ci possono essere alterazioni anche a livello fisiologico, si somatizza lo stress sul corpo, si diventa più irascibili e spesso ci si sente anche in colpa nei confronti del figlio perché si percepisce di non essere al cento per cento. Si arriva ad avere problemi del sonno, a non riuscire ad addormentarsi, frequenti risvegli notturni, a non avere più voglia di uscire come prima, difficoltà a concentrarsi sul lavoro e si può arrivare a scaricare le colpe sui vari membri della famiglia, aumentando cosi anche i litigi all’interno delle mura domestiche.
Cosa fare?
È importante non sottovalutare i segnali di uno stress accumulato e dirigere l’attenzione verso la tutela della propria salute fisica e psichica adottando alcune specifiche strategie. Non bisogna scordarsi mai anche di se stessi e delle proprie esigenze, non esistono solo gli altri: un genitore è un essere umano compresi i suoi limiti, non è un supereroe. Questa condizione non può essere vissuta come una colpa. È importante riprendere anche ad ascoltare se stessi e non farsi invadere dai mille pensieri e preoccupazioni, ma selezionare e dare delle priorità, partendo da ciò che è risolvibile più a breve termine, per eliminare nell’immediato un po’ di carico mentale in eccesso. Non si deve chiedere troppo a se stessi e accettare che si può chiedere anche una mano a una persona esterna alla famiglia per riprendere in mano la gestione della situazione. Non significa essere deboli o non essere in grado di farcela da soli, ma essere coscienziosi, volersi bene e voler bene e a chi ci circonda per trovare strategie efficaci per non perdere le redini dell’intera famiglia.