Gli adolescenti e il medico: un rapporto rarefatto
di Maurizio Tucci, Presidente Laboratorio Adolescenza
“Gli adolescenti non vanno dal medico”: un luogo comune o la fotografia della realtà? “Orfani” del pediatra e dei suoi bilanci di salute, la frequentazione del medico – sia il medico di famiglia che gli specialisti (dentisti, dermatologi, oculisti e, per le ragazze, ginecologi) – appare molto rarefatta, perché manca l’abitudine ad un controllo routinario. Il dato emerge da una indagine realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD con la collaborazione della Clinica pediatrica Università di Pavia – Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo ed il supporto incondizionato di Reckitt Benckiser.
Un problema culturale
Dall’indagine – realizzata su un campione nazionale rappresentativo di 2.100 studenti delle scuole medie superiori prima che scoppiasse la pandemia Covid-19 – emerge che oltre due terzi degli adolescenti va dal medico di famiglia solo quando emerge una specifica esigenza o, nella migliore delle ipotesi, una o due volte all’anno. E le percentuali non si discostano di molto se ci riferiamo a dentisti, oculisti e dermatologi. “Che gli adolescenti godano complessivamente di buona salute – commenta Gianluigi Marseglia, direttore della Clinica pediatrica Università di Pavia – è una innegabile e positiva realtà, ma andare dal medico solo se e quando si ha un problema conclamato è un retaggio culturale che dobbiamo cercare di modificare. Dobbiamo far comprendere, innanzi tutto alle nuove generazioni, che dal medico si va essenzialmente per prevenire che i problemi sorgano. Vale per i medico di famiglia come per i controlli specialistici”.
L’aspetto più critico di questa scarsa attitudine ai controlli medici routinari, rilevato dall’indagine, riguarda – ovviamente al femminile – il rapporto con i ginecologo. Il 52,7% delle intervistate (età dai 14 ai 19 anni) – senza differenze territoriali significative – non ha mai fatto una visita ginecologica. Purtroppo – ed anche questo è un retaggio culturale – le famiglie, ed in particolare le “mamme”, continuano a considerare il controllo ginecologico come un appuntamento da donna adulta e non da adolescente, e questo non solo perché la visita ginecologica rimanda istintivamente al tema dell’attività sessuale delle figlie, che molti genitori cercano di rimuovere come concetto stesso. “Spesso – conferma Annunziata Marra, referente area ginecologica di Laboratorio Adolescenza e dirigente AGITE (Associazione Ginecologi Territoriali) – anche i casi di dismenorrea o irregolarità significative del ciclo, che con l’attività sessuale non c’entrano niente, non vengono portati all’attenzione del ginecologico”. E le irregolarità di ciclo sono naturalmente molto frequenti in adolescenza: dall’indagine risulta che oltre il 50% delle ragazze intervistate afferma di avere un ciclo anticipato, ritardato o senza ritmi definiti.
Frequentazione del ginecologo da parte delle ragazze
Più di 2 volte all’anno | 1 o 2 volte all’anno | Meno di 1 volta all’anno | Solo se si ha esigenza | Mai andata |
6,8% | 11,0% | 8,3% | 19,4% | 52,7% |
Genitori “prescrittori”
La scarsa frequentazione del medico ha un inevitabile riflesso anche sull’utilizzo dei farmaci, soprattutto riguardo gli “antidolorifici”, molto utilizzati dagli adolescenti per i disturbi di cui soffrono più comunemente: mal di testa, mal di denti, dolori muscolari, mal di pancia e dolori mestruali.
Dall’indagine emerge che solo il 37% degli adolescenti assume antidolorifici dietro specifica indicazione del medico. I principali “prescrittori” risultano invece essere i genitori (44,4%), mentre il 4% sceglie da solo e il 3% si fa consigliare dal proprio coach o allenatore. E preoccupa anche che oltre il 30% non sa nemmeno che tipo di antidolorifico utilizza (ibuprofene, paracetamolo o altro…).
Il fatto che molti dei più comuni antidolorifici siano cosiddetti “prodotti da banco” (ovvero acquistabili senza la necessità di una prescrizione medica) non rende il comportamento meno imprudente. Sia perché – sostengono i medici – non sono tutti uguali e ugualmente efficaci per sintomatologie differenti, sia perché il parere del medico, quantomeno alla prima assunzione, è indispensabile per definire i dosaggi e verificare il rischio di interferenza con eventuali altri farmaci assunti.
In genere chi ti suggerisce i farmaci antidolorifici da prendere?
Il mio medico | 37,7% |
Il mio allenatore | 3,3% |
Chiedo ai miei genitori | 44,4% |
Il farmacista | 5,3% |
Prendo un antidolorifico che trovo in casa | 3,8% |
Mi informo su Internet | 0,9% |
Dall’indagine emerge anche che anche nell’utilizzo degli antidolorifici ci sono differenze di genere. Oltre che per far fronte ai dolori mestruali, le ragazze li utilizzano più spesso dei maschi per il mal di testa (56,7% vs 41,4%) e meno spesso per dolori muscolari (14% vs 19%), più legati, evidentemente, alla maggiore attività sportiva svolta dai maschi in età adolescenziale.
L’incognita Covid
L’indagine, come già riportato, è stata svolta nei primi mesi del 2020, prima che si entrasse nell’emergenza Covid, per cui i risultati sono una fotografia di atteggiamenti e comportamenti antecedenti la pandemia.
Come e quanto il Covid può aver mutato alcuni comportamenti riguardo il rapporto con il medico e inciso anche su quei retaggi culturali ai quali abbiamo fatto riferimento?
Aver inevitabilmente messo – per un anno – al primo posto, in ogni forma di comunicazione, l’importanza e la protezione della salute e della prevenzione (nello specifico dal Covid) può aver sollecitato gli adolescenti a prendere maggiormente in considerazione questo aspetto in senso generale, o il Covid ha “cannibalizzato” tutto il resto facendo apparire la prevenzione di altri aspetti riguardanti la salute ancora più secondari?
Nella costruzione di un rapporto con il medico avrà prevalso, in senso positivo, la giusta enfatizzazione che si è data, in questi mesi, al ruolo prezioso dei medici e all’importanza della medicina o, in senso negativo, la maggiore difficoltà alla frequentazione dello studio medico?
Laboratorio Adolescenza e Istituto IARD, nell’indagine prevista per quest’anno, cercheranno di dare risposta a questi quesiti con l’obiettivo di fornire – a chi si occupa della salute degli adolescenti – informazioni utili per fronteggiare al meglio il nuovo scenario, anche dal punto di vista della comunicazione. Uno scenario che interessa in modo particolare Family Health che ha nella cultura della prevenzione la sua mission e, anche questa volta, farà la sua parte.