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Al super con lo smartphone: le app per la spesa “salutare”

di Giorgio Donegani, Tecnologo alimentare

20 gennaio 2021

1904 Views

Si chiamano Oplà, Yuka, Edo, Food viewer… e sono solo alcune delle app che si stanno velocemente diffondendo e che dovrebbero servire a facilitarci nella spesa, aiutandoci a distinguere gli alimenti sani da quelli che non lo sono. Ma funzionano davvero? Sono veramente utili?

Usare la testa? Fatica sprecata!

Leggere le etichette? Vedere da dove vengono i prodotti? Guardare quali sono gli ingredienti? Dare un’occhiata alle calorie, ai grassi, agli zuccheri? Ma chi ce lo fa fare! Perché dovremmo perder tempo a informarci e ragionare, se al nostro posto può farlo lo smartphone? C’è solo l’imbarazzo della scelta tante sono le app che si possono scaricare e che hanno lo scopo di semplificarci la vita al supermercato: farà bene o farà male questo sugo? Vale la pena di comprarlo? Meglio questo o meglio quello? … Basta inquadrare il codice a barre e subito sullo schermo compare il giudizio, come a scuola: buono o cattivo, promosso o bocciato. Una bella comodità, non c’è dubbio. Ma almeno una cosa vale la pena di chiedersela prima di affidare completamente la nostra salute le nostre scelte all’ormai onnipotente smartphone: chi decide i giudizi? Con quali criteri? E soprattutto, sono davvero attendibili?

Come funzionano queste app…

Tutte le app che si possono scaricare dai vari store, funzionano sullo stesso principio: è stato catalogato un gran numero di alimenti secondo il loro codice a barre e sono stati individuati dei criteri per assegnare dei punteggi ai diversi prodotti. Il problema, però, è proprio questo: che cosa determina il voto?

La maggior parte delle app esprime un giudizio nutrizionale basandosi sul sistema del Nutri-score, sviluppato in Francia. Si tratta di un’etichetta volontaria che utilizza una scala di cinque colori, dal verde (il meglio) al rosso, a cui corrispondono le prime cinque lettere dell’alfabeto (a-b-c-d-e) per dare un giudizio delle caratteristiche nutrizionali dei prodotti confezionati. Il colore e la lettera vengono assegnati tenendo conto degli aspetti negativi e positivi legati alla composizione del prodotto. In particolare sono giudicati negativamente: energia, grassi saturi, zucchero e sale, mentre sono considerati come aspetti positivi elementi come la proporzione di frutta, verdura, fibre e proteine (alti livelli sono considerati buoni per la salute).

Un sistema valido?

Sulla validità del sistema Nutri-score si sono già espresse le nostre principali istituzioni, che sostanzialmente l’hanno bocciato. Come si può dare un giudizio positivo a bevande gassate piene di acidi, solo perché invece dello zucchero utilizzano dei dolcificanti (peraltro da assumere con moderazione)? E come si può bocciare alimenti della nostra tradizione come il parmigiano, che è un’eccellente fonte di calcio, a causa del suo contenuto di sale? Mica ne mangiamo a chili… Per non parlare poi del cioccolato: secondo queste applicazioni sarebbe tra le cose peggiori che possiamo concederci, quando invece sono moltissimi gli studi che dimostrano come un moderato consumo di cioccolato sia addirittura raccomandabile per le tante sostanze utili che contiene e gli effetti che ha sul nostro organismo. E che dire dell’olio d’oliva? Ancel Keys, il padre della dieta mediterranea, dopo decenni di studi era arrivato a definirlo un vero elisir di lunga vita, ma non aveva con sé uno smartphone a contraddirlo…

Il vizio della superficialità

Constantin Brancusi, il grandissimo scultore moderno rumeno, soleva ripetere che: “la semplicità è una complessità risolta”, e le sue opere di incomparabile bellezza sono la testimonianza più evidente del suo pensiero. Ma non è facile riuscire a rendere semplice un sistema complesso senza cadere nel vizio della superficialità e della eccessiva semplificazione, così che, invece di risolvere la complessità, ci si limita a evitarla. E il vizio principale – peraltro non il solo – che sembra essere alla base delle nuove app per fare la spesa è proprio quello di limitarsi a considerare solo alcuni aspetti dei prodotti, trascurandone completamente altri che invece sarebbe importante tenere presenti. Non si può considerare a priori un aspetto negativo il fatto che un alimento dia molte calorie: noi abbiamo bisogno di energia, il problema è consumarne una giusta quantità durante tutta la giornata e questo dipende dagli alimenti che scegliamo, ma anche dalla dose che ne mangiamo. La frutta a guscio, per esempio è tra gli alimenti più calorici, ma è anche tra quelli che contengono più sostanze utili per l’organismo. Come la mettiamo? Buona o cattiva? Allo stesso modo non si può considerare solo la presenza di zuccheri, grassi saturi e sale per dire se un alimento fa bene o no. Un succo d’arancia può contenere certamente una quantità significativa di zucchero (quello che c’è naturalmente nelle arance), ma è anche ricco di vitamina C e di Esperidina, un componente antiossidante e antinfiammatorio assolutamente prezioso…

Insomma: valutare il profilo nutrizionale di un prodotto è operazione complessa che non si può basare solo su tre o quattro elementi, senza dimenticare poi che la salubrità o meno di un alimento dipende sempre dalla dose che se ne consuma e da come lo inserisce nella dieta.

I consigli alternativi

Un aspetto interessante delle varie app per smartphone è che in genere, presentando il giudizio non proprio positivo di un prodotto, propongono anche delle alternative migliori di altre marche… Naturalmente tutti gli sviluppatori sottolineano l’assoluta indipendenza dei giudizi da qualsiasi interesse e pressione esterna, ma c’è da fidarsi?

Il dubbio sorge, per esempio, quando si legge che molte delle app considerano elemento fortemente negativo l’uso dell’olio di palma. Anche l’Istituto superiore di sanità ha ribadito che di per sé l’olio di palma non incide negativamente sulla salute della persona, dipende dalla quantità come per ogni altro alimento. Inoltre ormai praticamente tutto l’olio di palma che viene usato in Italia è certificato di produzione sostenibile. Inserire la presenza di questo grasso come elemento di giudizio negativo tra i criteri di valutazione, non significa forse privilegiare le aziende che hanno deciso di eliminarlo? Allo stesso modo, molte app danno un punteggio più alto ai prodotti bio, ma anche qui è dimostrato che l’equazione bio = più salutare non è sempre vera, né per l’uomo né per l’ambiente.

Oltre la legge

Un altro fattore che lascia perplessi è come queste app tengano in scarsa considerazione la normativa vigente. I claim nutrizionali, come “ricco di proteine”, “fonte di ferro” e tutti gli altri che le aziende vogliono apporre sulle confezioni, devono obbedire a una normativa molto rigorosa, approvata a livello europeo. Nelle app può capitare invece di vedersi esaltare un alimento come “ricco di fibre”, anche se ne contiene meno di 6 g su 100 g di prodotto che sarebbe il limite minimo per poter scrivere la stessa cosa sulla confezione… Non è certamente corretto.

Le app più diffuse

Le app destinate a farci da consulenti nello shopping alimentare sono sempre di più, alcune gratuite, altre a pagamento, altre ancora con formule diverse di abbonamento. La più diffusa nel mondo si chiama Yuka, da poco presente anche in Italia, ma tra le tante sono da ricordare “Edo”, che richiede una registrazione con dati personali per poi fornire indicazioni su misura, e “Oplà”, che ha un database di prodotti molto limitato e contiene numerose incongruenze (come è possibile che assegni quasi il massimo dei voti, 9,8 su 10, e definisca “ottima scelta” una bevanda fatta da acqua, destrosio, fruttosio, acido citrico, cloruro di sodio, E414, E445, aromi, edulcoranti sucralosio, acesulfame k, E133). Altre applicazioni sono “FoodFacts” e “FoodViewer”, non molto diverse, mentre “Food Scanner” si limita a descrivere il prodotto senza dare una vera utilità.

In conclusione… meglio il buon senso

Una cosa curiosa e che desta perplessità è infine il fatto che i giudizi per un medesimo prodotto siano spesso diversi, a seconda della app con cui lo si esamina. Ma come: i criteri non dovrebbero essere rigorosamente scientifici e obiettivi? Anche per questo motivo alla fine viene da chiedersi se, pur apprezzando l’idea di semplificare la nostra vita e indirizzarla in modo sano, nella realizzazione di queste app non ci si sia dati un obiettivo un po’ troppo ambizioso. Grazie al cielo, infatti, lo smartphone per quanto potente non può ancora pensare e non riesce ancora a utilizzare quello che da sempre è il primo strumento capace di guidarci nelle nostre scelte: il buon senso.

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