5 punti per tutti i genitori che si interrogano su quale educazione digitale serve ai loro figli
di Alberto Pellai, Medico Psicoterapeuta dell'età evolutiva, Ricercatore, Dip. Scienze Biomediche dell'università degli Studi di Milano
Si sente sempre più spesso e da più parti invocare l’importanza dell’educazione digitale. Cosa sacrosanta. Ma viene sempre accostata al fatto che bisogna fornirla ai figli e agli studenti mentre stanno già gestendo una vita online, con uno smartphone o un tablet di proprietà. Come dire che si frequenta la scuola guida dopo aver già avuto in gestione autonoma un’automobile.
L’evidenza (spessa raccontata anche da tragici fatti di cronaca) e la ricerca rivelano che c’è una correlazione tra età precoce in cui si possiede uno smartphone personale e entità dei comportamenti a rischio nei quali ci si può trovare coinvolti, come vittime oppure come autori. Per prevenire il rischio online occorre un solido “allenamento” alla vita online da parte del mondo adulto verso i giovanissimi. Ma questo allenamento dovrebbe precedere il possesso e l’uso autonomo dello strumento. Si usa spesso la parola “accompagnare” un minore nella vita online: è anch’essa una parola sacrosanta. Ma per accompagnare il minore io devo sempre sapere dove, come, quando, con chi quell’accompagnamento ha luogo. Condizione resa possibile, nell’online, solo dall’eventualità che il minore si renda “accompagnabile” in ciò che fa e sperimenta nella sua vita virtuale.
Per questo motivo, propongo cinque punti, per me imprescindibili, che rendono l’educazione digitale qualcosa di realmente preventivo, utile, efficace e non un “palliativo” invocato per non cambiare niente dello “status quo” spesso subito dai genitori a seguito di un marketing strategico pressante che ha “sdoganato” l’idea che anche i bambini devono/possono avere un cellulare, tanto basta che la famiglia sia responsabile nel gestirne l’uso che ne fanno, cosa rivelatasi per la stragrande maggioranza un’impresa impossibile.
- I genitori devono stabilire nel loro progetto educativo l’età al di sotto della quale pensano che per il proprio figlio sia meglio non possedere uno smartphone personale
- Prima di quell’età (e non dopo) le agenzie educative (sia famiglia che scuola) forniscono ai minori competenze e conoscenze relative alla prevenzione di tutto ciò che nel web può trasformarsi in rischio conclamato
- Prima che un minore possieda il proprio smartphone personale, potrà “allenarsi” alla vita online utilizzando un device di famiglia, gestito dagli adulti, in cui è possibile supervisionare (e non spiare) che uso ne fa, sia in termini qualitativi che quantitativi
- Al momento della consegna dello smartphone personale, il genitore definisce con il proprio figlio le regole d’uso dello stesso, fornendogli aspettative chiare su quali sono i principi che le ispirano e i limiti che non devono essere oltrepassati, tutti aspetti che per il minore risulteranno comprensibili perchè affrontati nel percorso di educazione digitale e perchè sperimentati nel periodo di apprendistato famigliare
- Nel primo anno di utilizzo autonomo del proprio smartphone, adulti e minori periodicamente si siedono uno a fianco dell’altro e verificano insieme come stanno andando le cose. al contempo, le agenzie educative del territorio (scuola e associazioni sportive) continuano a proporre a ragazzi e ragazze attività di educazione digitale, non solo a scopo preventivo ma anche per renderli sempre più attivi e protagonisti all’interno di un territorio dove è importante che loro siano sempre più capaci di produrre e controllare i messaggi che ricevono e i contenuti in cui vogliono coinvolgersi.
Questi cinque punti sono imprescindibili per dare senso all’educazione digitale, che non può essere qualcosa che viene dopo “la messa in atto dell’esperienza” ma che deve precederla, per poter essere efficace. Partendo dalla consapevolezza che la complessità e i rischi della vita online sono molteplici, variegati, a volte così estremi da risultare impensabili a noi adulti, è cosa auspicabile che l’educazione digitale si estenda su un tempo di crescita significativo e diventi un elemento che sostenga in tutta la società e nella comunità educante l’importanza di ritardare l’accesso all’uso autonomo di un device personale, rendendolo possibile solo al termine della preadolescenza.