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Parlare con i figli significa insegnargli “come” parlare

di Maura Manca, Psicologa

13 aprile 2021

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Una semplice parola può generare un’azione o una reazione. Come un battito d’ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo (frase tratta dal film The Butterfly Effect ), anche le parole hanno degli strascichi importanti.

Per ognuno di noi le parole assumono un diverso significato perché non sono una sequenza di lettere, ma hanno un valore ben preciso, attivano ricordi, emozioni, risuonano in senso positivo o negativo e possono anche lasciare dei segni profondi. Noi non sappiamo cosa possono attivare in una persona perché non conosciamo il suo mondo interiore, i suoi vissuti e il suo passato, non possiamo prevedere se, quanto e come risuoneranno e lasceranno degli strascichi. Ci sono persone più sensibili e altre che riescono a farsi scivolare addosso maggiormente le cose. Alla stessa frase, per esempio, detta da un insegnante ad una intera classe, ogni bambino reagirà in modo diverso: c’è chi si sentirà colpito in prima persona, chi apparentemente non ascolterà, chi non la accetterà, chi la dimenticherà ecc…

Per questo motivo, le parole vanno maneggiate con cura e usate a proposito applicando sempre la regola universale del buon senso. Ci sono persone che per colpa delle parole sono arrivate a togliersi anche la vita e altre che invece hanno imparato sulla propria pelle a combattere l’ignoranza e a contrastare la cattiveria altrui, facendosi scivolare addosso le parole fini a se stesse o quelle distruttive.

Ognuno di noi ha nel proprio bagaglio della vita una frase che ha lasciato il segno nella sua mente, che ogni tanto viene riattivata da qualche parola che arriva all’orecchio o da qualcosa che viene visto e che ogni volta lascia un po’ di amaro in bocca. “Mia madre o mio padre mi dicevano che ero una buona a niente”, “Un giorno mi hanno detto che ero la loro delusione”. Parole dette anche tanti, tanti anni or sono, magari anche poco pensate e buttate fuori in momenti di rabbia, che risuonano ancora e sono in grado anche dopo tanti anni di attivare stati emotivi, positivi o negativi.

Parlare con loro significa insegnargli come parlare

I bambini purtroppo crescono spesso in un ambiente in cui si prevarica tanto e ci si confronta poco. I toni sono spesso troppo elevati e sono accompagnati da accuse e imposizioni. Dobbiamo riflettere anche sulla modalità con la quale ci si rivolge ai bambini e agli adolescenti. Spesso imperativa, a volte criticante, pronta a rilevare ciò che non va bene, piuttosto che a rinforzare e a valorizzare ciò che funziona e gli aspetti positivi. Per capire quanto tutto questo possa influenzare nel corso dello sviluppo possiamo fare un semplice esercizio. Facciamo caso alla scelta delle parole che usiamo, alle nostre frasi che utilizziamo, al modo in cui le diciamo e quando. Alcune non sono farina del nostro sacco, le abbiamo sentite dire, le abbiamo vissute e le riproponiamo.

In più, dobbiamo tenere ben chiaro a mente che, non si possono usare le parolacce in casa e poi pretendere che i bambini non le imparino e non si sentano indirettamente autorizzati a usarle. La giustificazione “noi siamo grandi e possiamo”, con loro non regge.

No alle minacce

Spesso ci si rivolge a loro con tono minaccioso: “se non fai quello…, io ti faccio quello…”. Magari a volte sembra che funzioni perché si ottiene una reazione da parte loro, ma non una comprensione o un cambiamento, semplicemente la paura delle ritorsioni. Però cosa gli si sta insegnando? Che anche quella è una modalità con la quale relazionarsi. Un giorno un bambino disse a un suo compagno di banco: “se non mi aiuti a fare l’esercizio ti prendo a schiaffi”. Era un bambino che spesso sentiva questa frase in casa, la madre infatti gli diceva di frequente che se non obbediva a ciò che diceva lo avrebbe preso a schiaffi. Ha imparato quella modalità in modo indiretto e si è rapportato nello stesso modo verso il suo compagno. Questo non significa che ci sia una relazione di causa e effetto ma certamente l’ambiente ha un’influenza notevole nello sviluppo dei figli, sia in positivo che in negativo.

Non parliamo poi di quello che viene trasmesso in tv e ripreso dai social network o pubblicato sulle varie piattaforme online: insulti, parolacce, parole cariche di odio, solo perché si hanno divergenze di opinioni e non si è in grado di affrontare un confronto costruttivo, confronto che è una delle più alte forme di espressione dell’intelligenza umana.

Purtroppo stiamo insegnando ai più piccoli a relazionarsi attraverso questa modalità, troppo aggressiva nel senso più letterale della parola “ad+gradior” andare verso, di attaccare intenzionalmente, di imporsi sull’altro, come se fossimo molto spesso sul piede di guerra. La maggior parte dei problemi all’interno delle coppie, delle famiglie e a livello lavorativo, nascono da un difetto di comunicazione.

Si dovrebbe partire dall’insegnare l’importanza dell’uso delle parole; non ce ne facciamo niente di bambini talentuosi che prendono tutti nove o dieci se poi non hanno sviluppato le competenze individuali e relazionali di base e non sanno riconoscere i sentimenti e i bisogni dell’altro.

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