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La tecnologia non è un virus e non esiste un vaccino contro le malattie tecnologia-correlate. Bisogna imparare a conviverci!

di Maura Manca, Psicologa

4 maggio 2021

1554 Views

La tecnologia non è un virus, non è un nemico da combattere, non esiste un vaccino contro le malattie tecnologia-correlate, ma è semplicemente un mezzo, uno strumento, un facilitatore che si deve conoscere e imparare a usare.

Senza il coltello avremmo difficoltà nel mangiare tanti cibi, eppure stiamo parlando di uno strumento utile per la nostra sopravvivenza che, nel contempo, può essere potenzialmente molto pericoloso. Come del resto in tutte le cose, la differenza la fa l’uso che se ne fa. Non si può usare un coltello senza avere le competenze necessarie per maneggiarlo in sicurezza, la capacità di valutare le proprie azioni e di pensare in modo autonomo, senza che nessuno faccia le cose al posto nostro o ci muova la mano come se fosse un mouse. Lo stesso discorso vale per lo smartphone e per tutto ciò che è smart e che è connesso alla rete.

Il problema più grande, troppo spesso sottovalutato, è che i minori sono iperconnessi e anche interconnessi. Quello che forse non si sa o si dimentica, è che tutte le piattaforme social possono “parlare” tra loro e le chat di messaggistica sono diventate vere e proprie piattaforme social per scambiarsi qualsiasi tipo di materiale e  di comunicazione. Quando si permette a un figlio di accedere dal proprio cellulare, non viene quasi mai controllata la cronologia dei profili che ha visitato o dei like che ha messo, quindi, il genitore non può essere realmente a conoscenza di ciò che vede ma solo di ciò che pubblica. Si deve impedire ai figli di eliminare i messaggi nelle chat e capire se li hanno cancellati per i contenuti non opportuni.

In più, c’è un’eccessiva precocizzazione. Usano gli smartphone come parte integrante della loro vita troppo presto. Oltre il 65% dei bambini già a nove anni possiede un suo smartphone, spesso regalato per la comunione, e il restante utilizza sistematicamente quello del genitore. Il fatto che usino il telefono di un genitore non significa che siano protetti.

Quello che a me preoccupa è che quasi 3 bambini su 10, tra i 9 e i 10, anni hanno un profilo su Tik Tok, 1 su 10 della stessa età su Instagram e 1 su 10 ha un suo canale YouTube. Il 96% dei bambini guarda video su YouTube e il 43% su Tik Tok. Il 74% utilizza sistematicamente la chat di WhatsApp, non solo per interagire con i familiari, ma anche con gli amici; il 22% usa anche le chat di Instagram e di Tik Tok e il 40% quelle dei videogiochi. Le analisi dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza che presiedo, hanno rilevato come, con il trascorrere degli anni e l’evolversi della tecnologia, si abbassi vertiginosamente l’età di utilizzo per quanto riguarda il possesso del primo cellulare, l’accesso ai servizi della rete e l’apertura del primo profilo social. Molto spesso un genitore si sente in difficoltà perché sembra che se un bambino non abbia una vita social, possa essere emarginato dai compagni. “Lo fanno tutti” non è molto funzionale nella crescita e non è la condizione che deve spingere a far parte o meno dei social network. Il problema è sempre il COME, la gestione e le modalità di utilizzo, ma quando sono bambini non dev’essere mai in autonomia.

Il proprio figlio in rete NON è immune ai pericoli. Per renderlo immune deve essere in grado di pensare in maniera critica e deve essere abituato dal genitore a farlo quotidianamente. Il lavoro va fatto fianco a fianco. Oggi ci sono i mezzi per farlo perché la rete stessa offre un aiuto costante alle famiglie. Altra cosa fondamentale da fare, è quella di formarsi e informarsi quotidianamente sulle nuove funzioni, mode, trend del momento e parlare con i figli di ciò che vedono e fanno in rete. A volte si crede di conoscere realmente un figlio, ci si accomoda sul fatto che lui certe cose non le farebbe mai, quando invece non è così. Per questo si deve andare oltre ciò che si vuole (o che fa comodo) e iniziare a vedere davvero, per la sua tutela. In tantissimi casi arrivati alla cronaca, i genitori sono rimasti scioccati per i comportamenti dei figli, non riconoscendoli in quelle attività.

Ogni attività in rete dei minori deve essere veicolata dai genitori che spiegano man mano come e cosa fare. Se non si hanno le competenze, ci sono figure professionali specializzate in grado di farlo. Perché si spendono più di mille euro per comprare uno smartphone e non si spendono molti, molti meno soldi per formarsi ed educare un figlio facendo qualcosa di utile per la sua salute e il suo bene?

 

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