Alone
Se fai squadra, se non sei solo, l’amicizia diventa la forza che ti permette di crescere e la paura può essere trasformata in coraggio.
di Alberto Pellai, Medico Psicoterapeuta dell'età evolutiva, Ricercatore, Dip. Scienze Biomediche dell'università degli Studi di Milano
Regia di David Moreau. Un film con Sofia Lesaffre, Stéphane Bak, Jean-Stan Du Pac, Paul Scarfoglio, Kim Lockhart. Titolo originale: Seuls. Genere Fantasy, – Francia, Belgio, 2017, durata 90 minuti.
Trama
In un mondo dove se sei adolescente ti trovi senza potere d’azione perché tutti gli altri sembrano avere la meglio su di te, un giorno Leila si rifugia in un luna park per reagire ad una lite scoppiata a scuola dove ha dovuto ribellarsi contro il potere prepotente dei bulli di turno. La sua vita non è facile e tantomeno felice: suo fratello è in coma all’ospedale dopo un incidente occorsogli nel corso di una gara automobilistica. Ma la sosta al luna park è quella che cambierà il corso della sua vita. La mattina seguente, infatti, Leila si sveglia scoprendo di essere rimasta completamente sola al mondo. Sono scomparsi tutti: gli adulti, gli amici, i professori. In giro non c’è più nessuno. Non ci sono morti né feriti: semplicemente non c’è proprio più nessuno. E’ da questo spunto narrativo che il film trae la sua origine mostrandoci una giovane adolescente che deve fare un mucchio di cose, tutte insieme: risolvere un mistero che sembra irrisolvibile (che cosa è successo al mondo? dove sono finiti tutti?); attraversare il territorio che separa la zona della paura da quella del coraggio; evitare di cedere ad un’angoscia che si fa sempre più minacciosa e che spinge da ogni parte per prendere possesso del dentro e del fuori della tua vita; sopravvivere all’aggressione di forze misteriose e avverse che all’improvviso compaiono sul tuo cammino e tu non sai né che cosa siano né da dove vengano. Leila però non è completamente sola nel mondo in cui sembra non esserci più nessuno. Sulla sua strada incontra altri quattro ragazzi, dispersi come lei. Forse, dispersi, lo erano già prima, in quella vita in cui apparentemente ogni cosa era al suo posto, tranne loro. Ognuno di loro infatti rappresenta una sorta di minoranza che combatte la propria personale battaglia per sopravvivere in un mondo in cui si fa fatica a trovare il proprio posto. Ora però quel mondo non c’è più: sono rimasti solo loro cinque. E all’orizzonte c’è sempre quella nebbia tossica densissima, che si è divorata tutto, all’interno della quale tutto è scomparso. I cinque ragazzi devono trovare la loro direzione per non soccombere, mentre la minaccia chimica si palesa da più parti e sembra voler far fuori anche questo piccolo manipolo di sopravvissuti. Che si muovono su strade deserte scorrazzando con auto di grande cilindrata e una sorta di carro-armato capace di resistere ad ogni tipo di attacco. Qualcuno nell’ombra cerca di colpirli con frecce che ci conficcano nella carne ma che, pur non uccidendo, fanno male e soprattutto aumentano quel senso di vulnerabilità in cui tutti si trovano immersi.
Comunque, in mezzo a tanto caos e distruzione, i ragazzi riescono a trovare il loro modo di fare squadra. Eleggono il loro quartiere generale all’interno di un hotel di gran lusso e mentre si affacciano su una apparente fine del mondo, si intrattengono con bottiglie da 20.000 euro, tuffi in piscina e notti in cui dormono uno a fianco dell’altro per farsi coraggio e non rimanere soli. Ma qualcuno li sta controllando e vuole portarli nel proprio territorio. Così rapisce Camille, una dei cinque, e li obbliga ad andarla a salvare. Perché quel rapitore misterioso ha fatto tutto questo? E che cosa vuole da loro? Non ci sono risposte alle grandi domande sul senso di ciò che appare inspiegabile. Quindi si deve solo andare incontro al proprio destino: sia qual che sia. E così i cinque ragazzi decidono di entrare dentro alla nebbia che fino a quel momento hanno provato a rifuggire, per scoprire che cosa c’è dall’altra parte. E la scoperta non prelude a niente di buono. Ma questo forse lo capiremo nel sequel del film, se mai verrà fatto.
Che cosa ci insegna questo film
Alone è un film per adolescenti ed è un film di ottima fattura. Teso e ricco di mistero e azione, ti tiene incollato in un viaggio senza confini spazio-temporali dove tutto può accadere e tutto è già successo. Anche se di quel tutto non sai nulla. La storia può essere considerata come una metafora dell’attraversamento dell’adolescenza, con le sue domande enormi, che è necessario porsi e alle quali però risulta impossibile trovare risposta. Leila e i suoi amici cercano una direzione, mentre diventano squadra, contro ogni logica del mondo che tende a privilegiare la legge del branco, dove a vincere è solo il più forte. Loro però riescono ad aderire al motto del “Tutti per uno, uno per tutti”. Passaggio dopo passaggio, i cinque amici vincono le diffidenze reciproche, si avvicinano l’un l’altro e – imparando ad accettare le reciproche differenze e vulnerabilità – diventano più grandi e più forti, capaci di sfidare il pericolo e di assumersi il rischio di crescere. Il film non vuole essere formativo: fondamentalmente si qualifica come un film d’azione di quelli che ai ragazzi piacciono moltissimo. Ma ha più di un motivo per risultare significativo ai preadolescenti e agli adolescenti in questo tempo di pandemia. Infatti, racconta di un’umanità minacciata da qualcosa che sfugge ad ogni controllo, in cui i ragazzi sono lasciati soli a se stessi e si muovono in un mondo in cui l’invisibilità dell’altro è il dato oggettivo che sconvolge il copione delle vite di tutti. Nulla potrebbe essere più suggestivo e vicino a ciò che molti adolescenti hanno vissuto in tutti questi mesi di emergenza in cui le parole d’ordine per la loro vita sono state: solitudine, invisibilità, incertezza. Sono queste le tre dimensioni che accomunano tutti i protagonisti di questa storia che non fornisce morali, in cui nulla diventa concluso e compiuto. In cui però, tutti possono rivedere pezzetti della propria adolescenza, frammenti delle paure e delle angosce che hanno connotato i passaggi di crescita, con quel sentirsi esposti e vulnerabili di fronte a qualcosa che continuamente cambiava dentro e fuori di noi, rimanendo sempre inafferrabile e incomprensibile. Alone è un film in cui perdersi e ritrovarsi, come fanno continuamente i cinque giovani protagonisti, che non ha un traguardo né un finale: solo un’apertura verso ulteriori spazi di incertezza. Ma in cui la forza dell’amicizia e la capacità dei ragazzi di far fronte a ciò che la vita ti mette davanti non si blocca mai e si trasforma sempre in energia vitale e in spinta ad andare avanti. Un film che sa tenere alto lo sguardo su ciò che sarà e che non rinuncia mai ad affermare il potere della resilienza che ciascuno può coltivare dentro di sé e nell’incontro con l’altro.
Il messaggio del film
Se sei un’adolescente, non puoi mai prevedere come la vita ti viene incontro e non puoi neppure andare alla ricerca di certezze che quasi mai trovi dentro e fuori di te. L’adolescenza è tempo di ricerca ed esplorazione, dove tutto fa paura, ma al tempo stesso tutto può essere affrontato e guardato in faccia. Questo fanno i cinque protagonisti del film, in un viaggio pieno di colpi di scena e di minacce. Nessuno di loro avrebbe potuto affrontare da solo ciò che invece sa attraversare con l’aiuto e la vicinanza degli altri. Se fai squadra, se non sei solo, l’amicizia diventa la forza che ti permette di crescere e la paura può essere trasformata in coraggio.
Le domande da porsi dopo la visione del film
a) Laila sa essere una guida e un punto di riferimento per i suoi amici. Quali sono i suoi “punti di forza”? Quali sono invece le sue vulnerabilità?
b) Il film si sviluppa alla stregua di un videogioco che offre sempre nuovi stimoli al suo giocatore, nuove incognite da affrontare, nuove sfide da superare. Se aderite a questa metafora, riflettete sul concetto di “potere d’azione”. In questo film i ragazzi ne hanno moltissimo. Certo, è tutto speso nella finzione di una narrazione fantasy, però si vedono adolescenti che possono avere un potere d’azione enorme nelle loro vite e nel loro territorio. Nella vita degli adolescenti contemporanei invece lo spazio dove mettere in gioco potere d’azione è quasi nullo. Che cosa promuovereste, nella vita reale, per rendere possibile ad un adolescente la sperimentazione del proprio potere d’azione?
c) Il film offre molte possibilità di stabilire analogie tra i cinque adolescenti protagonisti e gli adolescenti che hanno attraversato il tempo dell’emergenza da Covid. Quali analogie rintracciate voi?