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I ragazzi non devono perdere la motivazione e la progettualità

di Maura Manca, Psicologa

14 giugno 2021

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Adolescenza significa CRESCERE. Gli anni dell’adolescenza si configurano come gli anni della sperimentazione di sé, di un’incertezza di fondo, durante i quali non è sempre chiaro chi si è, che cosa si vuole, che cosa piace, in che cosa si crede e soprattutto quale sia la propria meta. In questi anni di prove e sperimentazioni, si vive con incertezza la propria identità, cercando di comprendere quali sono i propri gusti, i propri credo, i propri obbiettivi. Le regole, i modelli, i valori che fino a quel tempo valevano, tendenzialmente non valgono più. In questa fascia di età gli adolescenti comunicano quello che hanno dentro con modalità a volte non comprensibili agli occhi del genitore. Questa, inoltre, è la fase della vita in cui si compiono una serie di cambiamenti fisici sotto l’influsso di processi di maturazione biologica.

L’adolescenza si snoda tra due polarità: la DIPENDENZA e l’AUTONOMIA. Tanti ragazzi fanno spesso richieste ambivalenti: vorrebbero essere protetti e nello stesso momento indipendenti. A volte si sentono grandi, a volte vorrebbero le attenzioni di quando erano bambini. Non si sa mai quale sia il giusto equilibrio con loro, dove far pendere l’ago della bilancia. “Come fai, fai male” è una frase che ripeto spesso. Se gli stai troppo dietro, li stai pressando, se gli stai troppo a distanza, li  stai trascurando e non ti importa di loro. In alcuni casi diventa un’accusa continua, perché fondamentalmente neanche loro sanno cosa vogliono o di cosa abbiano realmente bisogno. O meglio, lo sanno: vogliono la presenza, come dicono loro, hanno bisogno di sapere che un genitore è lì per loro. Questa ambivalenza non è per niente facile da gestire per un padre e per una madre. Serve tantissima flessibilità mentale per capire che è proprio questa la caratteristica dell’adolescenza stessa. La cosa che veramente è importante per loro è la presenza. È esserci, anche quando sembra che non lo apprezzino o che non diano soddisfazioni o che a loro non importi. Non è vero, a loro importa.

Non è facile gestire un ragazzo in piena fase di cambiamento perché il processo di individuazione dell’adolescenza è accompagnato anche da sentimenti di isolamento, solitudine e disorientamento. Spesso soffrono della sindrome, come la chiamo ironicamente, degli “eterni incompresi”. La consapevolezza che l’infanzia è finita crea, da una parte la voglia di diventare grandi per esprimersi in maniera diversa rispetto a prima e, dall’altra un senso di pressione, di timore e a volte anche ansia di prestazione nei confronti della vita stessa. Sarò in grado di riuscire ad affrontare i passaggi che la vita mi offrirà?

Bisogna aiutare i ragazzi anche a muoversi nell’incertezza e nella instabilità, non solo nel controllo e nella zona comfort. I genitori, i docenti, gli educatori e gli insegnanti delle loro attività extrascolastiche devono affiancare i ragazzi nel loro processo di crescita e dargli tutti gli strumenti possibili per affrontare se stessi e la vita. Questo significa insegnare: dare strumenti, non informazioni, non fare per loro, ma fare con loro e farli fare. Devono imparare a scegliere, a decidere e a desiderare per non perdere la motivazione e la progettualità. Devono imparare a trovare il piacere in ciò che fanno, a non subire gli eventi della vita ma a vederli come una sfida. Solo così non perderanno mai la progettualità futura e una spinta ad andare avanti, senza fretta, ma senza sosta, ognuno con i suoi mezzi e con i suoi tempi.

 

 

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