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La tempesta interna del cyberbullismo. Cosa vivono i ragazzi arrivando a togliersi la vita?

di Maura Manca, Psicologa

27 ottobre 2022

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Una delle paure più grandi di un genitore è quella di arrivare “dopo”, di non giungere in tempo, di non riuscire a comprendere il dolore, la sofferenza, il disagio interiore di un figlio. Non è così immediato per un genitore vedere il malessere di un adolescente perché purtroppo, non sono sempre così evidenti e manifesti. Tante volte i ragazzi esprimono ciò che hanno dentro in maniera indiretta attraverso specifici comportamenti, parole, sguardo e soprattutto i “non detti”. Il problema legato al fenomeno delle prevaricazioni dirette, come quelle fisiche e verbali, e indirette, è che ormai sono sempre più presenti già a partire dalla tenera età e si manifestano soprattutto attraverso l’uso di quel dispositivo che la maggior parte di persone tiene costantemente in mano: lo smartphone.

Leggo spesso commenti impulsivi soprattutto sotto le notizie di cyberbullismo in cui si dà la colpa alla tecnologia. Il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo è molto complesso, sono coinvolte più persone e sono presenti delle dinamiche personali, relazionali, sociali, individuali, familiari da tenere in considerazione. Per questa ragione non è facile sradicarlo. Purtroppo, ci si ferma a riflettere sulla gravità di questi comportamenti prettamente davanti alle tragedie, quando si legge della morte di un ragazzo che decide volontariamente di togliersi la vita. È importante affrontare il problema della violenza giovanile tutti i giorni perché quotidianamente migliaia di ragazzi vivono incastrati nella morsa delle prevaricazioni e delle prepotenze online.

 

Cosa scatta nella testa di chi subisce queste forme di violenza?

 

Coloro che subiscono queste forme di prepotenza si sentono intrappolati. La trappola è quell’oggetto che blocca nei movimenti, nell’espressione di se stessi, non ci si sente più liberi, ma incatenati, legati a quella condizione che giorno dopo giorno diventa sempre più stretta e soffocante. Diventa il problema principale della propria vita, quella condizione inaccettabile, ingiusta e ingiustificata. Quello che fa più male è che non capisci il perché di questi comportamenti, non riesci a fartene una ragione, non te ne capaciti, non comprendi come sia possibile che non vedano che sei una persona come loro, anche se non la pensi e non ti comporti come loro. Rischi di arrivare a pensare di essere tu quello sbagliato. A livello psicologico pesa tantissimo non sapere quando arriveranno le prepotenze e che entità avrà il problema. Sai che arriveranno, ma non sai quando e come. Questo stato genera profondo stress psicofisico. Attiva quella condizione di impotenza appresa che fa ammalare il corpo e la mente. Per comprendere pienamente cosa vive e cosa pensa chi è preso di mira, immaginiamo un cielo cupo scuro, sempre coperto, dove giorno dopo giorno c’è sempre meno spazio per il sole, per il sereno, per i momenti di luce. Questo è lo stato di fondo di tanti ragazzi. E poi cosa succede? Arriva il tuono, arriva quel frastuono che ogni volta fa sussultare anche quando si è consapevoli che arriverà. Il nostro cervello, anche se si aspetta qualcosa di negativo, è solo più pronto, anche se in realtà non è mai davvero pronto. È solo più in allarme e quindi ha un livello di attenzione più alto. Ogni volta che arriva il tuono delle parole e il fulmine delle prese in giro, c’è una reazione di allarme, anche fisica perché c’è il rilascio dell’adrenalina e di ormoni dello stress nel cervello. È il significato che si attribuisce alle cose, persone, situazioni che attiva specifiche reazioni psico-fisiche e chimiche. La reazione di allarme ha un suo tempo di estinzione: la paura non passa immediatamente e si riattiva tutte le volte che si rivivono quelle immagini e si sentono quelle parole, anche solo a livello immaginario. Pensate di vivere costantemente in questa condizione. Cammini e non sai quando arriverà quel tuono, quando e dove cadrà quel fulmine, se ci sarà una tempesta più forte o un uragano. Il cervello di un ragazzo deve già affrontare tanti cambiamenti legati alla crescita e ai problemi legati al quotidiano e in più, si ritrova a dover vivere e gestire tutta questa turbolenza emotiva. Questa condizione rischia di spegnerli e questo non lo possiamo permettere, perché hanno bisogno degli adulti, hanno bisogno della rete di supporto e di sostegno. Da soli diventa troppo duro. Tutti questi ragazzi sarebbero caricati di un peso ancora più grande, di un altro peso che non è giusto che debbano sopportare da soli. Questa è anche una delle ragioni per le quali è difficile accorgersi di ciò che accade a un figlio se non parla esplicitamente dentro casa o a scuola. È una morsa che si stringe piano piano, giorno dopo giorno, ed è per questo che quando si hanno dei dubbi, delle perplessità, è importante confrontarsi con degli specialisti, anche solo per fare delle domande, per capire le motivazioni che spingono i ragazzi a chiudersi in se stessi, a farsi del male mettendo in atto comportamenti autolesivi, fino ad arrivare al suicidio. Sono ragazzi che spesso hanno perso la fiducia, che non vedono una via d’uscita e tutti noi adulti, qualunque ruolo si ricopra, dobbiamo essere lì in maniera pertinente, efficace e supportiva. Dobbiamo guardare i loro occhi e leggere la situazione con il filtro di un cervello adolescente che vede i problemi in maniera diversa da noi adulti. Noi siamo andati oltre quella fase e abbiamo imparato a gestire tante condizioni. Loro, invece, hanno bisogno di credere che ci sia chi è in grado di risolvere la loro situazione. Devono fidarsi delle istituzioni e degli adulti. Spesso hanno paura di denunciare, per il timore di affrontare gli esiti negativi. Tante volte si interviene in maniera inefficace e chi subisce queste forme di violenza ha addirittura paura che possa peggiorare la loro condizione. Nelle azioni di contrasto al bullismo tecnologico è importantissimo lavorare su scuola e famiglia e anche su tutta la rete che circonda i ragazzi vittime di bullismo, soprattutto gli amici e i conoscenti, per indurli a parlare, a confrontarsi con gli adulti, capendo che non significa fare la spia, ma aiutare i loro amici e quindi creare quella fondamentale rete di solidarietà e supporto. Solo così le vittime di bullismo potranno sentire di non essere sole, capire che non sono loro sbagliate, ricostruendo nella loro mente una fiducia nel mondo e nelle persone che gli stanno vicine. È sbagliato mettere in atto comportamenti di prevaricazione, non chi subisce queste forme di violenza.

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