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TORI E LOKITA

Un bambino e una ragazza adolescente hanno affrontato da soli un difficile viaggio per lasciare l’Africa e arrivare in Belgio. Qui, possono fare affidamento solo sulla loro profonda amicizia contro le difficoltà dell’esilio.

di Alberto Pellai, Medico Psicoterapeuta dell'età evolutiva, Ricercatore, Dip. Scienze Biomediche dell'università degli Studi di Milano

15 giugno 2023

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Regia di Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne. 2022 con Mbundu Joely, Pablo Schils, Alban Ukaj, Tijmen Govaerts, Nadège Ouedraogo. Titolo originale: Tori et Lokita. Genere Drammatico, – Francia, 2022, durata 80 minuti.

TRAMA

Tori e Lokita sono due migranti pervenuti in Belgio per cominciare una nuova vita. Lui è un minore non accompagnato. Lei è una giovane donna definibile secondo la legge come “clandestina”. Il destino ha reso le loro vite reciprocamente indispensabili. Loro due, dispersi nel mondo, senza più nessuno che abbia a cuore le loro vite, i loro bisogni, la loro crescita, si considerano fratelli e si vivono come tali. La loro solitudine nel nuovo mondo in cui sono arrivati è ciò che li ha trasformati in fratello e sorella. Ma il loro legame, non essendo di sangue, non può essere accettato dai criteri di legge che regolano l’immigrazione nei Paesi Europei. Così Tori, essendo minore, può essere preso in carico dal sistema assistenziale, avere una dimora e frequentare la scuola. Lokita invece resta una giovane adulta senza documenti, dal destino totalmente incerto. I due cercano in tutti i modi di farsi riconoscere – dallo stato e dalla legge – come fratelli. Questo comporta che periodicamente Lokita venga interrogata dai servizi sociali che con domande molte specifiche cercano di verificare se davvero lei sia sorella di Tori e abbia convissuto con lui prima della migrazione. Nessuno vede il bisogno profondo di appartenenza che accomuna queste due persone dislocate nel mondo e nella vita. Nessuno comprende quale bisogno di salvezza ci sia nel loro volersi sentirsi appartenenti l’uno all’altro. Sembra che la burocrazia abbia priorità diversa rispetto a quelle di comprendere profondamente che cosa rappresenti la salvezza per i due giovanissimi migranti. Per cui il film, nella prima parte, ci mostra come il nuovo mondo che per loro dovrebbe rappresentare la salvezza, sia in realtà solo capace di metterli a rischio e minacciarli in una sequenza di eventi e relazioni che usano il loro stato di precarietà e vulnerabilità a proprio vantaggio. Ma ciò che la legge vorrebbe separare, non può essere interrotto e discontinuato dalla forza dell’amore. E allora si rimane profondamente commossi nel vedere quanta bellezza, quanta bontà e quanta solidarietà esista tra Tori e Lokita. Se il mondo progredito ed evoluta li tratta come merce di scarto, la narrazione dei Fratelli Dardenne ce li mostra come “perle preziose” disperse in un territorio di vita in cui tutto è spazzatura. Le loro vite sono esempi smaglianti di purezza e bellezza. Mentre le vita di chi si muove intorno a loro sembrano ruotare intorno ad idoli delle società occidentali (la burocrazia, il denaro, l’indifferenza relazionale) che provano ad ingabbiare le vite di Tori e Lokita, senza mai contaminarne però la spontaneità, l’ingenuità, l’estema bellezza e un senso etico e morale che ha da insegnare agli adulti ciò di cui gli stessi adulti dovrebbero invece testimoni e maestri verso chi cresce.

CHE COSA CI INSEGNA QUESTO FILM

Il film è un profondo atto d’accusa verso le modalità con cui il mondo cosìddetto “progredito” sta gestendo il tema della migrazione. Ci mostra le anime dei migranti al di fuori di ogni stereotipo e pregiudizio. Ci aiuta a capire che nessuno si salva da solo e che in una vita in cui l’unico valore è il denaro, generare fratellanza e solidarietà rappresenta l’unico modo per provare a sopravvivere. Tori e Lokita sono anche testimoni della profonda bellezza e umanità che abita il cuore e l’anima di bambini e adolescenti, del loro bisogno di rimanere vicini, perché la forza dei legami e il senso di appartenenza alle relazioni è l’unico antidoto in grado di contrastare le tempeste della vita. “Tori e Lokita” è un film sull’importanza di ritornare a coltivare una dimensione etica dell’esistenza, di ridefinire quali sono i valori intorno ai quali una società può considerarsi “civile”. La solidarietà e la capacità di cooperare che unisce Tori e Lokita sono completamente persi e irrintracciabili nel mondo cosiddetto “civile” in cui loro vorrebbero trapiantarsi. C’è un umanesimo che, secondo i valori della società consumistica, viene considerato “derelitto” e da “marginalizzare” che invece deve essere messo al centro, se vogliamo che gli esseri umani continuino il loro percorso all’insegna del “fare squadra” e non del “fare branco”.

IL MESSAGGIO DEL FILM

“Se non ritornerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. Questa massima evangelica sembra essere la cornice di significato che contiene il senso della storia di Tori e Lokita. La scena in cui si prepara l’evento tragico che conclude il film è una narrazione per immagini della parabola del Buon Samaritano. Il nuovo mondo in cui sono arrivati i due giovani migranti sembra essere privo di questa figura. Non ci sono più “buoni samaritani” in giro, ma solo cinici predatori, burocrati anaffettivi il cui agire sembra svuotato da dimensione umane, empatiche e solidali. E questo è ciò che afferma Tori nel suo breve discorso finale, in chiesa di fronte ad un pubblico al quale ricorda come forse sia ciò che chiamiamo “legge” a distruggere la vita di chi da quella stessa “legge” non viene considerato uguale a tutti gli altri.

LE DOMANDE DA PORSI AL TERMINE DELLA VISIONE

Come valuti l’intervento del sistema legale nella vita dei due ragazzi?

Perché, secondo te, nessuno si accorge che la rigidità del sistema burocratico è ciò che costringe i due giovani protagonisti e muoversi nel sottobosco dello spaccio e del crimine?

Che significato ha l’inserimento della canzone “Nella fiera dell’est”, all’interno di questa storia?

Che cosa ti rimane impresso nel cuore della storia dei due protagonisti?

Come questo film dovrebbe essere mostrato e condiviso con le nuove generazioni?

Perché potrebbe rappresentare un importantissimo strumento di educazione all’integrazione e di critica alle politiche migratorie attualmente in uso (e sempre oggetto di dibattito) del mondo occidentale?

 

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