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La cultura della prevenzione deve iniziare dall’adolescenza

28 agosto 2020

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Comunicato Stampa


La maggioranza degli adolescenti (54%) va dal medico solo quando emerge un problema di salute specifico e non per controlli periodici; solo il 58% afferma di aver fatto il richiamo della vaccinazione contro il tetano (mentre il 34% non sa nemmeno se l’ha fatto oppure no); il 42% non conosce il proprio gruppo sanguigno ed il 30% delle femmine (ma addirittura il 63% dei maschi) non ha fatto la vaccinazione contro l’HPV.

I dati – non confortanti riguardo l’attenzione alla prevenzione da parte degli adolescenti – derivano da una indagine realizzata da Istituto di Ricerca IARD, Associazione Laboratorio Adolescenza e Family Health su un campione nazionale rappresentativo di 2000 studenti di terza media (età 13-14 anni) nel corso dell’anno scolastico 2018-2019.

Se da un lato non sorprende che gli adolescenti – nel pieno dell’età in cui ci si sente “immortali” – non siano particolarmente attenti alla prevenzione della salute, dall’altro emerge – proprio considerando la giovane età del campione – anche una non adeguata attenzione da parte dei genitori.

“Non è certamente facile che un adolescente ricordi la scadenza dei richiami vaccinali, che si preoccupi di vaccinarsi contro l’HPV o che abbia sempre presente il suo gruppo sanguigno – afferma il Professor Giovanni Corsello –, ma è necessario che questa sensibilizzazione sia il frutto anche di una sinergia tra pediatri e famiglia.

In particolare, gli adolescenti non devono vedere nel medico un punto di riferimento solo per la gestione delle emergenze di salute e va favorita una corretta transizione dal pediatra (che conosce tutta la storia clinica e familiare del suo paziente dalla nascita in poi) al medico di famiglia che con l’adolescente deve costruire ex-novo un rapporto basato sulla conoscenza e la fiducia”

A questo proposito emerge, sempre dai risultati dall’indagine, che un terzo degli adolescenti intervistati avrebbe piacere di avere dei momenti di colloquio riservato con il medico, senza la presenza dei genitori. Un contatto prezioso, che molti pediatri già propongono (ma non possono certo imporre), e che dipende dalla sensibilità dei genitori nel rispettare le esigenze di privacy dei figli. “Sono i momenti – afferma il professor Corsello – in cui più devono essere affrontati argomenti legati alla prevenzione”.

La mancanza di “confidenza” tra gli adolescenti e il loro medico deriva però, in parte, anche dalla convinzione –  errata –  che i giovanissimi hanno circa il loro diritto alla privacy. Quasi il 50% del campione ritiene, infatti, che il medico debba e possa sempre riferire ai genitori (se si è minorenni) quanto viene detto in un colloquio, anche se riservato.

Dall’indagine emergono però anche aspetti positivi: il 74% degli adolescenti risulta consapevole del fatto che conoscere la propria “storia sanitaria familiare” (che consente di sapere, ad esempio, se possono esserci predisposizioni ereditarie a qualche patologia) può

essere molto utile in termini di prevenzione. Peccato però che, all’atto pratico solo un terzo degli intervistati, dichiari di conoscerla (e bisognerebbe capire quanto).

“Molto spesso– afferma Giuseppe Agosta – ideatore della piattaforma Family Health – questa carenza nel passaggio di informazioni, tra genitori e figli, sulla storia sanitaria familiare, non deriva da scarsa attenzione o da cattiva volontà, ma proprio dal fatto che talvolta, anche all’interno di una famiglia, queste informazioni manchino o siano disperse tra la memoria e qualche cassetto in cui sono conservate diagnosi e referti”.

L’obiettivo con cui l’ambiente Family Health è stato progettato e costruito – prosegue Agosta – è proprio quello di fornire ad ogni famiglia uno strumento per archiviare in modo semplice e protetto (ma di facile accesso), tutta la propria storia familiare; così come il nostro impegno sociale è mirato a far crescere la cultura della prevenzione, a partire proprio dalle giovani generazioni.

Una ulteriore “notizia positiva” che arriva dai risultati dell’indagine riguarda i senso di responsabilità dei giovanissimi intervistati: al 68,4% interesserebbe avere una “card” personale nella quale fossero contenuti tutti i propri dati sanitari da mettere a disposizione – all’occorrenza – di medici e/o operatori sanitari. E questo sarebbe tanto più utile, secondo loro, per i viaggi all’estero (per motivi di studio o di vacanza) che, sempre più spesso, gli adolescenti affrontano senza i genitori.

 

Family Health si impegna a diffondere la cultura della prevenzione consapevoli che il primo passo per il proprio benessere è pensare alla salute.

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