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Additivi: non tutti buoni, non tutti cattivi…

di Giorgio Donegani, Tecnologo alimentare

10 maggio 2019

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Il colore dello sciroppo alla menta? Verde, ovviamente, ma solo perché siamo noi a dargli la tinta… E come mai la carne in scatola, che non è altro che carne lessata, ha un aspetto così diverso dal lesso che facciamo in casa? E ancora, come è possibile che una bibita con solo il 20% di succo d’arancia, abbia un gusto tanto intenso e l’aspetto di una spremuta di sanguinella? Potere degli additivi. Ma se coloranti, dolcificanti e aromi vari servono solo a “dare il trucco” agli alimenti, altri additivi li rendono effettivamente migliori, più sicuri e conservabili più a lungo. Bisogna saper distinguere…

Additivi, cioè…

Basta scorrere la lista degli ingredienti sull’etichetta di ciò che mettiamo nel carrello, per renderci conto di quanto sia difficile trovare alimenti che non contengano additivi. A volte sono indicati con il loro nome scientifico (per esempio acido ascorbico, sorbato di potassio, clorofilla…), altre volte, invece, sono riportati con la sigla europea: una E (Europa), seguita da un numero di tre cifre diverso per ogni additivo.

In effetti, vedendo che sono quasi dappertutto, qualche perplessità può nascere: a cosa servono queste sostanze? Sono davvero necessarie? E soprattutto, sono sicure per la salute?

Partiamo dall’inizio: gli additivi sono delle sostanze che non influenzano il potere nutritivo degli alimenti, ma vengono aggiunte nella loro preparazione per modificare determinate caratteristiche, come il colore e il sapore, oppure la consistenza, la stabilità, la durata nel tempo… A seconda della funzione che svolgono, si distinguono quindi diverse categorie di additivi: i conservanti, gli antiossidanti, gli stabilizzanti, i coloranti e i dolcificanti sono le più importanti. Ciascuna categoria comprende diverse sostanze, alcune di derivazione naturale altre invece ottenute per sintesi chimica. A questo proposito, però, è importante sfatare un primo pregiudizio: il fatto che un additivo sia naturale o di sintesi, non ha particolare significato rispetto alla sua sicurezza (i più potenti veleni conosciuti sono prodotti naturali); quello che è importante sapere è che, a tutela dei consumatori, l’uso degli additivi alimentari è regolato da norme di legge molto rigide e precise: al di là del fatto che sia naturale o meno, ogni sostanza per essere ammessa all’uso come additivo alimentare deve superare una quantità di prove tese ad accertare che sia innocua, solo superate queste prove viene inserita nella lista degli additivi consentiti, con l’indicazione della la dose massima di utilizzo.

Siamo sicuri?

A questo punto sembrerebbe che non sia davvero il caso di farsi troppi problemi nemmeno di fronte a certe liste interminabili di E…, ma un po’ di cautela è invece necessaria. Il primo motivo sta nel fatto che le prove a cui alcuni additivi sono stati sottoposti per l’ammissione risalgono a diversi anni fa, quando le conoscenze e le metodiche di analisi non erano avanzate come quelle di oggi. Per questo l’Autorità Europea per la Sicurezza degli Alimenti (EFSA) provvede a periodiche revisioni e rivalutazioni degli studi, ma occorre molto tempo, e un po’ d’inquietudine nasce sempre nel vedere che un additivo fino ad oggi ritenuto sicuro viene cancellato improvvisamente dalla lista a seguito di nuove evidenze che invece ne attestano la nocività.

Un altro elemento che deve indurre prudenza è poi il fatto che la maggior parte di questi studi viene svolto sulle singole sostanze, senza approfondire quello che succede quando se ne assumono diverse contemporaneamente, come in effetti avviene nella pratica quotidiana. Interagiscono tra loro gli additivi? Ciò che è innocuo da solo, rimane tale anche associato ad altri additivi? Non è sempre facile dare delle risposte precise, e la ricerca in questo senso è in continua evoluzione…

Ancora, è importante ricordare che alcuni additivi, in particolare alcuni conservanti, vengono ammessi all’uso anche se si sa che sono moderatamente nocivi, perché si teme che non utilizzandoli il consumatore sia esposto a rischi peggiori.  È il caso, per esempio, dei nitrati e dei nitriti che, pur producendo sostanze cancerogene nel nostro organismo, vengono utilizzati come conservanti in quei prodotti dove ci potrebbe essere il rischio di sviluppo del botulino, un batterio estremamente pericoloso.

È evidente a questo punto come sia decisamente riduttivo parlare di additivi in generale, e convenga almeno definire alcuni criteri di base per orientare nel modo migliore le nostre scelte.

Coloranti: una funzione cosmetica

La prima cosa che dovremmo chiederci davanti a ogni prodotto è se gli additivi che contiene sono effettivamente necessari oppure no. Spesso non c’è bisogno di essere dei tecnici per rispondere, e il caso più eclatante è quello dei coloranti. Come dice il loro stesso nome hanno una funzione “cosmetica”, cioè servono soltanto a dare un colore più attraente ai prodotti in modo da invogliarci a comprarli. C’era davvero bisogno che fossero inventati i gelati al gusto “Puffo”, colorati di un bell’azzurro intenso? E perché ci ostiniamo a volere lo sciroppo di menta colorato di verde, quando al naturale sarebbe trasparente come l’acqua? E il rosso o arancione degli aperitivi? Non ha nulla a che vedere con il loro gusto, ma trasparenti non li vogliamo… È evidente che nel caso dei coloranti la responsabilità della scelta grava soltanto su di noi: quanta importanza diamo all’aspetto e quanta alla sostanza di ciò che mangiamo? Una domanda che non è banale anche perché la già citata EFSA solo negli ultimi anni ha abbassato i livelli di sicurezza proprio per diversi coloranti come E104, E110, E124, e ha addirittura imposto il ritiro dal mercato del colore Red 2G (E128), cancerogeno.

Senza conservanti…

Tra i tanti “senza” che costellano oggi le confezioni dei prodotti alimentari, il “senza conservanti” è tra quelli che meritano davvero attenzione. Anche qui, la domanda di fondo è sempre la stessa: servono davvero? Per alcuni prodotti sì: non solo prolungano la loro durata, ma ne garantiscono la sicurezza igienica. Il discorso cambia, però se di una certa categoria di prodotti ne troviamo in commercio alcuni con i conservanti e altri senza: perché aggiungerli se se ne può fare a meno? Risposta è semplice: perché per produrre senza aggiungere conservanti bisogna impiegare materie prime igienicamente perfette, di ottima qualità, e operare in condizioni di assoluta igiene. Tutto questo ha un costo che chi decide di usare conservanti preferisce evitare: è certamente più facile e meno costoso usare ingredienti di qualità mediocre e lavorare in condizioni meno curate, aggiungendo poi conservanti chimici che costano pochissimo e garantiscono lo stesso una durata sufficiente dei prodotti.

Ecco allora, a proposito dei conservanti, una semplice regola di buon senso: se possibile scegliere gli alimenti che non li contengono.

Polifosfati e esaltatori di sapidità…

Al di là dei conservanti, anche altri additivi possono segnalare una bassa qualità dei prodotti, a prescindere dalla loro sicurezza. I polifosfati (E450, E451, E452), per esempio vengono aggiunti ai prosciutti cotti e nei formaggini di bassa qualità per fare trattenere più acqua e rendere i prodotti più morbidi; va da sé però che un conto è una naturale morbidezza legata alla qualità della carne dei formaggi utilizzati e alla bontà della loro lavorazione, e un altro conto è la consistenza ottenuta facendo assorbire acqua a materie prime di minor qualità, aumentando artificialmente anche il peso dei prodotti (si finisce per pagare l’acqua aggiunta come se fosse carne o formaggio). Un discorso simile vale per il glutammato, un additivo che è stato scagionato negli anni recenti da tutte le accuse di nocività che gli erano state mosse, ma che qualche perplessità la destra proprio rispetto alla necessità del suo impiego. Appartiene infatti alla categoria degli “esaltatori di sapidità”, additivi che si aggiungono per esaltare il sapore dei prodotti. Ma se si usassero ingredienti di buona qualità, naturalmente saporiti, ci sarebbe ancora bisogno di esaltarne artificialmente il gusto?

Gli edulcoranti, naturali e sintetici

Infine, meritano un chiarimento gli edulcoranti, usati in molti prodotti come sostituti dello zucchero. I più diffusi sono quelli sintetici, come la saccarina, l’acesulfame K e l’aspartame, capaci di dolcificare moltissimo praticamente senza dare calorie. Additivi perfetti dunque? No esiste il rovescio della medaglia e non è trascurabile: oltre una certa dose, gli edulcoranti sintetici possono diventare nocivi per l’organismo, e questa dose viene espressa in milligrammi per peso di chilo corporeo, così, per esempio nel caso della saccarina, è molto diverso il limite per un adulto di 60 kg (300 mg al giorno), da quello di bimbo di 20 kg per il quale la dose massima scende a 100 mg. Non è un caso che tutti i prodotti con edulcoranti riportino la scritta che non sono indicati per i bambini sino ai tre anni e per le donne in gravidanza…

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