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Fritti sani..Perchè no?

di Giorgio Donegani, Tecnologo alimentare

10 dicembre 2019

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Voglia di cibi sfiziosi, golosi, saporiti: voglia di fritti! Piacciono a tutti, in ogni stagione, ma l’opinione diffusa è che siano da evitare come acerrimi nemici della nostra salute. Eppure non è difficile trovare un compromesso tra piacere del palato e benessere…

L’inimitabile croccantezza delle patatine, l’aspetto invitante di una cotoletta ben cucinata, il richiamo irresistibile di un fritto di calamari…  Non c’è dubbio: in tavola i fritti hanno una marcia in più, che li colloca ai vertici delle preferenze di bimbi e adulti. Peccato soltanto che, buone come sono, le fritture non siano altrettanto leggere e digeribili, al punto che i nutrizionisti più intransigenti le vorrebbero completamente bandite dal menù. In realtà, bastano alcune attenzioni in cucina e un po’ di moderazione nel consumo, per poter gustare di tanto in tanto anche queste golosità, senza compromettere in alcun modo la salute.

Ma perché i fritti sono così buoni?

È da questa domanda che bisogna partire per imparare a realizzare dei fritti sani e leggeri. In  effetti, il segreto della loro bontà è semplice ed è tutto nel fatto che, rispetto alla cottura in acqua, la frittura avviene a temperature molto più alte, in genere tra i 170 e i 180°C. Proprio il calore elevato provoca infatti due fenomeni: avvia una serie di reazioni chimiche che producono sostanze particolarmente saporite, e determina la formazione di una crosticina superficiale sul cibo, che trattiene all’interno tutte le componenti aromatiche, impedendone la fuoriuscita e la dispersione nel liquido di cottura.  Anche sotto il profilo nutritivo è da rilevare che i fritti presentano non pochi vantaggi: la temperatura all’interno del cibo non sale così rapidamente e non raggiunge i livelli di quella in superficie, preservando bene le qualità nutritive, ma, cosa ancora più importante: la stessa crosticina che trattiene aromi e sapori all’interno del cibo, impedisca anche la fuoriuscita e la dispersione di suoi principi nutritivi (come avviene invece nella lessatura).

E perché sono sconsigliabili?

È questa l’altra domanda chiave a cui rispondere. Purtroppo, lo stesso grasso di cottura che permette di cuocere ad alta temperatura e determina il pregio gastronomico dei fritti, è anche alla base dei loro difetti. Per prima cosa i residui di olio assorbiti dal cibo ne aumentano l’apporto calorico (1 g di olio fornisce ben 9 kcal), in secondo luogo i grassi di cottura subiscono delle modificazioni con il riscaldamento: dapprima si formano composti poco digeribili (polimeri), che poi, raggiunta la temperatura a cui l’olio comincia a fumare (il cosiddetto punto di fumo), si decompongono nei loro costituenti fondamentali, sviluppando una sostanza acre e irritante (acroleina) che si volatilizza, lasciando a contatto col cibo degli acidi grassi liberi, composti dei quali è accertata la  nocività.

Friggere sano

A questo punto è chiaro che per poter cucinare fritti ragionevolmente sani, diventa particolarmente importante agire su due fronti: ridurre al minimo l’assorbimento del grasso in cottura, e limitare il più possibile la formazione di quei componenti che potrebbero risultare nocivi. Ecco le regole e le attenzioni per riuscire negli intenti, ma attenzione: anche se preparato secondo le migliori regole, un fritto è pur sempre un fritto e non può diventare una presenza abituale nel menù. Una volta alla settimana, però, può senz’altro entrare nella dieta, avendo cura di non esagerare con le porzioni.

Il grasso giusto

La resistenza al calore varia da un grasso all’altro secondo la composizione chimica, e la prima cosa da fare per ottenere un fritto leggero è orientarsi su quei grassi che resistono di più. In questo senso, un mito da sfatare è che gli oli di semi siano i migliori per friggere. Anzi, è vero il contrario: gli oli di semi sono molto ricchi di acidi grassi polinsaturi, che si rivelano particolarmente fragili quando vengono riscaldati e originano una maggior quantità di sostanze nocive. Contrariamente a quanto molti credono, la scelta migliore sarebbe l’olio extravergine d’oliva: non solo contiene grassi di tipo monoinsaturo, decisamente più resistenti, ma è anche ricco di sostanze antiossidanti che proteggono l’olio stesso dagli effetti negativi del calore. Se il gusto tipico dell’olio extravergine disturba il palato, si può ricorrere senza problemi al normale olio d’oliva, eventualmente miscelandolo con dell’olio di arachide per attenuarne ulteriormente il gusto. Tra tutti gli oli di semi, infatti, quello di arachide è il più simile nella composizione all’olio d’oliva e il più resistente al calore.

La temperatura ideale

Non si deve mai riscaldare l’olio fino a farlo fumare, inoltre, la temperatura dell’olio deve essere sempre proporzionale alla consistenza e alle dimensioni del cibo da cuocere, che deve diventare croccante in superficie e restare morbido, ma ben cotto, all’interno. Se un fritto si presenta bruciato all’esterno e crudo dentro, significa che si è scaldato troppo il grasso (si produce una disidratazione violenta dei pezzi che tendono a “sparare”), viceversa, se il fritto è poco croccante significa che il grasso è troppo freddo. La croccantezza si deve infatti alla formazione rapida della crosticina esterna, che blocca anche la penetrazione di quantità eccessive di grasso. Se si cuoce a temperatura troppo bassa, la crosta stenta a formarsi, il grasso penetra all’interno e ne risulta un fritto pesante, molto unto e poco croccante. In media, si può dire che quasi tutti i fritti vengono bene tra i 170 e i 180°C (un termometro da cucina per le fritture costa pochissimo ed è molto utile).

Pezzi piccoli e olio abbondante

Per ottenere i migliori risultati, in termini di gusto e digeribilità, l’ali­mento dovrebbe essere portato a temperatura ambiente prima di venir immerso nell’olio (un’eccezione sono gli alimenti surgelati); inoltre tutti gli alimenti da friggere debbono essere di piccole dimensioni mentre l’olio deve essere abbondante. Al momento in cui gli alimenti da cuocere si immergono nell’olio caldo, l’intensità del calore va momentaneamente aumentata per compensare l’abbassamento di temperatura causato dal cibo più freddo. È anche importante non cuocere molti pezzi alla volta, avendo cura di rigirarli con il ragno (un mestolo in filo di ferro), prima di estrarli dall’olio, per ottenere una doratura uniforme (non tropo scura).

Asciugare bene

Prima di servire il fritto (sempre ben caldo), è necessario eliminare il più possibile il grasso di cottura che ha assorbito. Per questo, appena tolto dall’olio, il fritto deve essere sgocciolato e steso per qualche minuto ad asciugare, in uno strato solo, su carta assorbente, avendo cura di non coprirlo altrimenti si ammoscia. Sale o zucchero (nel caso delle frittelle dolci) vanno aggiunti in piccola quantità: anche questo serve a mantenere il fritto più sano.

Non riutilizzare i grassi di frittura

È una regola importante. Quando l’olio viene raffreddato dopo la cottura, continua comunque a decomporsi lentamente, arricchendosi sempre più di nocivi acidi grassi liberi. Se poi lo si riutilizza, li deposita sul cibo… Nelle friggitrici esiste un meccanismo di filtraggio automatico che permette di non dover cambiare l’olio ogni volta, ma non bisogna comunque esagerare nel riutilizzo.

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