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Ma quale dipendenza da tecnologia! Molti ragazzi sono a rischio burnout da iperconnessione

di Maura Manca, Psicologa

14 maggio 2020

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Nella fase di isolamento forzato in cui i bambini e gli adolescenti sono costretti a stare in casa, senza poter uscire, è normale che trascorrano molto più tempo sui vari dispositivi elettronici. Si parte ormai dal primo mattino con la didattica digitale, per arrivare alla notte fonda con le serie in streaming, videogiochi, stories e chat.

Non sto parlando del rischio di sviluppare una dipendenza da tecnologia, sto parlando proprio del contrario: dopo mesi di bombardamento di input e notifiche, tanti ragazzi iniziano a manifestare i segni di stanchezza, stanno andando in una sorta di “burnout da tecnologia”. E chi lo avrebbe mai detto! Loro, la generazione iperconnessa, che subisce lo tsunami tecnologico. Sono informazioni che arrivano direttamente dal confronto con i ragazzi. Raccontano di sentirsi in alcuni momenti come sotto assedio, bombardati o stressati dalle continue richieste imposte dalla frenesia della vita online. Si sentono un po’ come incastrati in una nuova routine scandita da continui appuntamenti in video e in chat. “Non ce la faccio più, con le mie amiche continuiamo a sentirci facendo anche delle videochiamate ma mi sto stufando, non sappiamo più cosa raccontarci, vorrei tanto vederle e uscire con loro!”.

La fatica mentale e quindi, di conseguenza, anche fisica, e viceversa, nasce dal sentirsi in “dovere” di essere sempre pronti, in qualunque momento della giornata. Da un lato ritroviamo anche la paura di essere tagliati fuori e l’ansia di rimanere sempre in contatto con gli altri, la FOMO o Fear of Missing Out; dall’altro, il “far parte di” che obbliga ad esserci. Star dietro a tutti, obiettivamente, non è facile, anche per i più allenati. Essendosi spostato tutto in rete, comprese tutte le attività e relazioni, sono automaticamente moltiplicati anche gli impegni. Chat e video chiamate con i nonni, gruppi famiglia, ai quali si aggiungono quelli con i professori, quelli di classe, delle attività sportive, per poi arrivare a quelle con gli amici. A tutto questo lavoro legato alle chat e videochat, si devono sommare le attività didattiche, quelle fisiche di eSport o attività musicali o creative, fino ad arrivare a quelle ludiche legate alla realizzazione di video e foto, alle challenge, alla gestione dei propri profili, con tutti i nessi e connessi collegati all’ideazione e post produzione di immagini. Un’agenda fittissima che in alcuni ragazzi sta generando, con lo scorrere del tempo, una condizione di stress psicofisico. Ci si sente anche meno liberi e a volte condizionati nelle scelte. La paura che qualcuno si offenda se non si riesce a star dietro a tutti, aleggia nella mente di qualche adolescente. Stiamo sempre parlando di adolescenti che si strutturano anche in funzione delle relazioni sociali e social, che non hanno ancora un’identità ben definita, che hanno bisogno di approvazione, di riconoscersi e essere riconosciuti. Non è facile per un ragazzo mettere un limite, dire un bel no e capire quando è troppo, soprattutto quando si tratta di qualcosa che fanno tutti. Anche i familiari alimentano notevolmente il carico da gestire perché anche le chat di famiglia sono ormai un bombardamendo continuo. Diciamo che anche gli adulti, nonni comprensi, si sono fatti un po’ prendere la mano.

Cos’è il burnout e come lo possiamo riconoscere nei ragazzi?

Burnout significa esaurimento emotivo. Un’iperstimolazione tecnologica associata a una condizione di attivazione cerebrale continuativa e prolungata nel tempo che può avere potenzialmente effetti nocivi sulla salute dei ragazzi ancora in una fase di sviluppo. Può intaccare l’umore, il sonno, le capacità cognitive, la memoria, l’attenzione e anche la socialità. L’altissima velocità a cui si è costretti ad andare per non rimanere indietro, crea una condizione di iper-arousal, uno stato di iper-vigilanza che può andare a intaccare la gestione delle emozioni, compresa la rabbia. Spesso infatti, li troviamo più irascibili, più nervosi e poco gestibili.

Non ci dobbiamo dimenticare che lo stress è presente in ogni decisione che devono prendere i ragazzi. Hanno bisogno di sapere cosa accade intorno a loro e il continuo confronto con l’esterno genera esso stesso turbamento e insicurezza. È vero che si sono riadattati all’isolamento forzato abbastanza velocemente e, in tanti casi, anche in maniera adattiva, ma tutto questo sforzo quanto può durare senza effetti collaterali? Per questa ragione hanno bisogno di riprendere il contatto con la realtà e di riavere i loro spazi, anche con dei limiti e delle nuove regole da rispettare, ma i loro spazi.

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