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Social “mortali”: la prevenzione passa per la “conoscenza”

di Maurizio Tucci, Presidente Laboratorio Adolescenza

25 gennaio 2021

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La tragedia di Antonella, la bambina di dieci anni che si chiude in bagno e muore soffocata dalla cinta di un accappatoio, che si era stretta intorno alla gola per partecipare ad un folle “gioco” su un social network, oltre a lasciare sgomenti induce ad una duplice riflessione.

Il “bagno” è sempre stato il rifugio sicuro di generazioni di adolescenti che vi si chiudevano dentro per fumare una sigaretta clandestina o “armati” delle caste pornoriviste dell’epoca, ma da qui a sperimentare giochi potenzialmente mortali ne passa. Ecco, la prima riflessione che dobbiamo fare è renderci conto che la deriva alla quale si è giunti non è causata dal fatto che gli adolescenti non siano più, come le “mezze stagioni”, quelli di una volta. Gli adolescenti sono sempre gli stessi, ma a cambiare – drasticamente – è la società che li circonda e gli strumenti che abbiamo messo loro in mano. Ed è su questo che ci dobbiamo interrogare perché, ci piaccia o no, questa società siamo noi ad averla costruita.

Questo immenso “paese dei balocchi” per altro disponibile H24 e trasportabile ovunque – anche in bagno – attraverso lo smartphone che è diventato parte integrante di ogni individuo di qualunque età, lo abbiamo costruito “noi”. Pinocchio e Lucignolo sono sempre gli stessi, mentre sono le centinaia di gatti e volpi esistenti ad essere sempre più seducenti, ammiccanti e pervasivi. Ed il rischio sotteso alle loro lusinghe – Antonella ne è la tragica evidenza – è ben più grave che diventare somari.

La seconda riflessione va fatta sulla inquietante costante diminuzione dell’età in cui i bambini sono lasciati liberi di sguazzare nel mare insidioso della rete e dei social, messa in chiara evidenza dalle indagini annuali sugli stili di vita degli adolescenti realizzate da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD.

Oggi il 64,4% degli adolescenti ha il suo primo cellulare dai 10 anni a scendere, percentuale che nel 2017 era inferiore di circa 25 punti (40,9%). Discorso analogo riguardo l’utilizzo dei social: il 34% inizia ad utilizzarli abitualmente dai 10 anni in giù con un incremento percentuale, rispetto a 3 anni, fa del 15%. Il tutto senza tenere in alcun conto l’età minima richiesta per accedervi. Infatti sono pochissimi a rimandare l’ingresso all’età giusta, mentre il 47% indica l’età minima per poter accedere, il 20% un’età a caso e il 23% un’età che lo faccia apparire comunque maggiorenne, perché (come spiegano direttamente le ragazze e i ragazzi) “così non ti prendono per un bambino”.

Ciò che viene da chiedersi, a questo punto, è in che contesto avvenga questo “debutto social” in età pressoché infantile, quando non si ha, non si può avere, la necessaria maturità psicologica per poter utilizzare strumenti di comunicazione così potenti e insidiosi anche ad età ben più mature.

La famiglia ne è a conoscenza o meno? E se ne è a conoscenza, è consapevole dei rischi che ne possono derivare? E se sì, di questi rischi ne ha parlato con le bambine e i bambini smatrphonemuniti per metterli in guardia? Proprio come si faceva, e forse si fa ancora, raccomandando di non accettare caramelle da uno sconosciuto.

Oggi gli adolescenti vivono con il telefono in mano. Non solo se lo portano “in bagno”, ma non lo lasciano neanche di notte. Sempre secondo l’indagine di Laboratorio Adolescenza la maggioranza degli adolescenti (54% dei maschi e 64,4% delle femmine) non spegne lo smartphone neanche prima di andare a dormire e spesso, anche nel corso della notte, messaggia con gli amici.

In una situazione del genere – determinata certamente da una debolezza della famiglia che non riesce nemmeno ad imporre un “coprifuoco” notturno ad un figlio o una figlia undicenne – il “controllo” appare impossibile. Al di là delle difficoltà oggettive, siamo anche tutti sinceramente convinti che, con i figli, dialogo e rapporto di fiducia siano molto più efficaci del genitore-carabiniere e dei divieti tranchant, ma per far questo bisogna almeno essere consapevoli di cosa si stia parlando.

Inoltre, dialogo e fiducia con un bambino di dieci anni e dintorni non possono prescindere da un contributo formativo e prescrittivo che un genitore ha il dovere di mettere sul piatto della bilancia. Ma perché il ruolo genitoriale possa essere esercitato fino in fondo in modo adeguato il genitore – e torniamo alle domande appena poste – DEVE sapere in che mondo vive il figlio e, fiducia o non fiducia, DEVE saper mettere dei paletti.

In queste parole, sia beninteso, non c’è nessun intento di voler puntare l’indice contro la famiglia di Antonella che – se ne ha commessi – ha commesso gli stessi errori di milioni di altre famiglie con figli adolescenti o in odore di adolescenza, ed è stata solo terribilmente più sfortunata, perché il “gioco” è finito male. L’intento è sottolineare che di Antonella ce ne sono tantissime – ingenue, curiose di tutto e “sconsiderate” come è normale che sia a quell’età – ma sono altrettanti i genitori che non lo sanno, perché non conoscono il “mondo” dei loro figli che è profondamente diverso da quello in cui, anche se non tanti anni fa, erano stati adolescenti loro.

Quanti genitori conoscono gli infiniti strumenti social che i loro figli iniziano a frequentare quando hanno da poco smesso di usare il pannolino? Quanti sanno che un social è un contenitore nel quale può esserci tutto e il contrario di tutto? E che in questo “tutto” possono esserci anche esche pericolosissime in grado di trascinare chissà dove? Come possono fare questi genitori a raccomandare, ai loro figli, di non accettare queste nuove “caramelle” virtuali se non sanno nemmeno che esistono e non hanno la percezione di dove si annidi e che sembianze abbia il “caramellaio” 2.0?

Dialogo, suggerimenti, prescrizioni e raccomandazioni hanno come precondizione una adeguata conoscenza – da parte di genitori, insegnanti, decisori – del mondo in cui vivono, oggi, i pradolescenti e gli adolescenti. Conoscenza che deve essere costruita informandosi, leggendo, e capendo; possibilmente in tempo utile.  Dopo la tragedia di Antonella il Garante della privacy ha disposto, per gli account per i quali non è possibile l’identificazione certa dell’età, la chiusura cautelare di TikTok, teatro della tragedia; la scuola che la bambina frequentava ha organizzato degli incontri con gli alunni per “spiegare” e metterli in guardia. Ma i buoi, intanto, erano scappati.

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