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Anche gli adolescenti sono attratti dalle serie e dai video del True Crime. Perché e quali sono i rischi?

di Maura Manca, Psicologa

21 febbraio 2023

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Il True Crime, letteralmente “il vero crimine”, quello che si basa su dati reali e ricostruzioni di crimini realmente avvenuti, è un genere che sta appassionando sempre più persone, dagli adolescenti agli adulti. Sono gettonatissimi e sempre più numerosi i podcast, le serie in streaming, le trasmissioni televisive, i libri, i video e i giochi online legati al crimine, soprattutto quello seriale, quello più violento.

 

Durante la visione nascono tantissimi interrogativi, si cerca di capire, di analizzare, di interpretare la mente criminale, la scena del crimine, per cercare di dare un senso, per capire se assassini si nasce o si diventa e quali sono i fattori che hanno portato a uno specifico comportamento. Si cerca di rispondere alla domanda: ma come è possibile? Diventa anche una sfida con se stessi, a chi riesce a capire prima cosa sta realmente accadendo. Ricercare segnali, indagare, entrare nella vita degli altri è anche un po’ quello che tante persone fanno nelle piattaforme online quotidianamente: “scoprire qualcosa su qualcuno”, possibilmente dal contenuto forte. Si cerca di scoprire ogni morboso dettaglio dell’omicidio – o degli omicidi – e si analizzano i singoli delitti in maniera minuziosa. Ci sono anche persone che trascorrono tanto tempo nei forum di discussione online e nei vari gruppi a discutere dei minimi dettagli, dimenticandosi che le vittime di cui stanno parlando sono persone e che i casi sono reali, non sono videogiochi o avatar. A volte tutto questo si trasforma a livello mentale quasi in un gioco: “fammi vedere se riesco a capire subito chi è stato o cosa è successo”.

 

 

 

Il True Crime mette piccoli e grandi davanti a quel dilemma che porta a chiedersi fin dove può arrivare una mente umana distorta e patologica. C’è un misto tra curiosità, voyerismo, paura, che attiva il rilascio di adrenalina, stupore e per alcuni anche fascino. Molti giovani cercano video online che riprendono scene vere, come ad esempio quando si è diffusa la moda, diventata poi anche sfida online, di cercare le foto degli omicidi di Jeffrey Dahmer, il serial killer protagonista di una serie di Netflix che ha spopolato anche tra gli adolescenti, nonostante fosse vietata ai minori di 18 anni. Alcuni ragazzi mi hanno confidato di averla guardata in seguito alla grande diffusione nelle piattaforme social, visto che ne parlavano tutti hanno deciso di andare a vederla, condizionati da quello che facevano gli altri. Nei canali di alcuni social network rimbalzavano queste immagini, come se i ragazzi si stessero scambiando le figurine di un album, non pensando che quelle immagini riprendessero persone reali e un immenso dolore, dramma e sofferenza. L’aspetto che fa riflettere è che non lo facevano solo i più giovani, che non hanno ancora sviluppato un pensiero critico, ma anche e soprattutto gli adulti.

Il crimine, da un lato ripugna, dall’altro, attrae e stimola la voglia di scoprire ogni morboso dettaglio dell’omicidio. Molti utenti sono adolescenti incuriositi, impauriti, affascinati o divertiti. Mi capita spesso che i ragazzi mi chiedano se ho mai visto un assassino, un cadavere, fin dove si può spingere la mente umana, se anche loro possono diventare così, se in Italia ci sono serial killer ecc.: insomma, quando trovano un esperto nella materia crimine lo riempiono di domande. È vero, da un lato il desiderio di conoscere i meccanismi che muovono il mondo e la nostra mente, è parte integrante della natura umana, ma è allo stesso tempo importante  non perdere mai di vista il fatto che “true” significa “vero”, altrimenti si rischia di perdere gli aspetti umani e si è assuefatti da tutto questo sangue, morti e violenza. Non repelle più, c’è quasi una normalizzazione della violenza, una assuefazione alla violenza, come spiego in tanti articoli e anche nel mio ultimo libro.

Il male spaventa, e soprattutto quando si parla di fatti realmente accaduti, ma nello stesso momento attrae perché è reale e si vogliono scoprire tutti i dettagli.

È come quando ci si mette la mano davanti agli occhi per non vedere la scena e poi si apre una finestra tra due dita per sbirciare e guardare in maniera più indiretta. La curiosità vince. L’adrenalina vince.

Si vede realmente l’assassino, come agisce, come pensa, per come è, e si cerca di capire cosa dice, come lo dice, analizzando i filmati delle telecamere di sorveglianza e degli interrogatori. È un modo di entrare nella scena del crimine e di viverla direttamente. È veramente il killer quello che agisce nei docufilm o nelle docuserie.

Purtroppo, anche se un genitore impedisce ai figli adolescenti di vedere una serie, sono comunque bombardati da immagini e video nelle piattaforme digitali. È importante capire in che contesto crescono e che c’è una sovraesposizione a tutto questo. È la somma che crea il problema. È importante parlare e approfondire anche questi temi con loro, vederli in maniera più critica, senza perdere mai il punto di vista delle vittime, della sofferenza e del dolore.

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