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Malattie a trasmissione sessuale: gli adolescenti sanno solo “di non sapere”

di Maurizio Tucci, Giornalista

18 dicembre 2018

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L’indagine

Sono stati presentati lo scorso 30 novembre, a Milano, i risultati dell’indagine nazionale “Adolescenti e Stili di Vita”, realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di Ricerca IARD con la collaborazione della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza. L’indagine – realizzata con il sostegno incondizionato di ANCC-COOP (Associazione Nazionale Cooperative Consumatori) e Mediatyche–Compagnia di Comunicazione – è stata coordinata da Carlo Buzzi ordinario di Sociologia dell’Università di Trento, referente dell’area sociologica di Laboratorio Adolescenza e membro del Comitato Scientifico di Istituto IARD, e si è svolta tra i mesi di novembre 2017 e maggio 2018 su un campione nazionale rappresentativo di 2654 studenti frequentati le scuole medie superiori (età 14-19 anni; età media 16,5 anni).

Malattie a trasmissione sessuale

Tra i numerosi argomenti trattati, l’indagine ha dato ampio spazio ad un tema molto delicato: la prevenzione dalle malattie sessualmente trasmissibili ed i dati emersi non sono confortanti.

Se si esclude l’AIDS (conosciuta dal 94,5% degli intervistati), solo il papilloma virus (verosimilmente per via della vaccinazione proposta ai dodicenni) è conosciuto dalla maggioranza del campione (61% delle ragazze e 53,8% dei maschi), mentre la conoscenza delle altre più comuni oscilla tra 45% (candida) e l’11% (condilomi). Grave lacuna se si tiene conto che – secondo il Censis – l’età media del primo rapporto sessuale in Italia è proprio tra i 16 e i 17 anni:

Ma il dato più preoccupante riguarda le idee confuse che (specie i maschi) hanno sulla prevenzione.

Quali tra i seguenti comportamenti ritieni sia efficace per prevenire le malattie sessualmente trasmissibili?

  Totale
Uso del preservativo 94,8%
Una igiene accurata dopo un rapporto sessuale 84,9%
Fare periodicamente gli esami del sangue 79,3%
Uso di un qualunque metodo anticoncezionale 58,7%
Una dieta alimentare corretta 19,6%

Se è certamente confortante che il 94% del campione sa che “il preservativo” è un efficace protezione dalle MST (ma sono in pochi a sapere, ad esempio, che contro il papilloma virus non garantisce una barriera adeguata), il 58% ritiene che l’utilizzo di un qualunque metodo contraccettivo (pillola in primis) protegga dalle MST, così come l’85% è convinto che un’accurata igiene dopo un rapporto sessuale sia anch’essa una efficace protezione. Per non parlare di quel 79% di adolescenti intervistati che – confondendo i concetti di prevenzione e controllo – è convinto che fare frequenti esami del sangue protegga dalle malattie a trasmissione sessuale. A questo si aggiunge che un terzo degli intervistati ritiene che una MST non può essere trasmessa attraverso un rapporto orale.

D’altra parte gli adolescenti sono i primi a “sapere di non sapere” e vorrebbero avere ulteriori informazioni sull’argomento. Ad essere consapevoli del proprio deficit informativo sono più le femmine che i maschi (72% vs 56%), anche se sono i maschi ad evidenziare le lacune maggiori.

Ma chi dovrebbe dare risposta a questa legittima esigenza informativa degli adolescenti?

I diretti interessati non hanno dubbi: la scuola (indicata dall’82% del campione come il soggetto più adatto a parlare di questi argomenti). Anche perché una larghissima maggioranza di loro (74%) afferma che parlare di questi argomenti in famiglia è molto difficile. Ma la scuola – se non adeguatamente supportata – non può assolvere da sola  a questo compito sia per ragioni di tempo, sia perché – come riferiscono molti dirigenti scolastici – quando si tratta di affrontare argomenti che attengono alla sessualità, sono spesso proprio le famiglie a porre i maggiori ostacoli.

Carlo Alfano – pediatra adolescentologo e membro del Direttivo Nazionale SIMA – sostiene, più che ragionevolmente, che un medico preparato e formato a comunicare con gli adolescenti potrebbe e dovrebbe rappresentare una valida alternativa al rischio che gli adolescenti vadano a cercare le informazioni di cui necessitano in modo improvvisato e confuso, attraverso il gruppo dei pari (con il rischio di sommare informazioni errate ad informazioni errate) o i social (con la difficoltà di saper bene individuare l’attendibilità della fonte).

Una soluzione teoricamente ineccepibile, ma il problema è che gli adolescenti dal medico ci vanno molto di rado. Finito il tempo dei “bilanci di salute” dal pediatra, il medico è considerato un interlocutore a cui far riferimento quando si ha uno specifico problema di salute (e l’adolescenza è un’età in cui i problemi di salute sono generalmente rari), ma non qualcuno a cui rivolgersi per ciò che attiene la prevenzione.

E qui emerge, in tutta la sua evidenza, uno storico problema culturale che gli adolescenti hanno ereditato da genitori e nonni: l’atteggiamento nei confronti della prevenzione che nel nostro Paese lascia molto a desiderare.

L’esempio più eclatante – per rimanere in tema di malattie a trasmissione sessuale – è quello della vaccinazione per la prevenzione del papilloma virus (proposta attivamente al dodicesimo anno di età, sia per i maschi che per le femmine) la cui copertura non solo non ha mai raggiunto gli obiettivi prefissati, ma risulta essere in progressivo calo.

Certamente non ha aiutato la diffusione della vaccinazione la scelta iniziale di proporla solo alle femmine, che da un lato l’ha connotata come una vaccinazione “di genere” (dall’indagine risulta che, ancora oggi, più della metà del campione sia convinto che sia una vaccinazione che riguarda solo le donne) e dall’altro ha creato la convinzione che i maschi fossero immuni da rischi.

“Su questo fronte – spiega Simona Mazzolini, coordinatrice delle attività per la scuola di Laboratorio Adolescenza – stanno lavorando attivamente Aimac (Associazione Italiana Malati Cancro), Fondazione Insieme Contro il Cancro e Laboratorio Adolescenza, che hanno avviato un progetto pilota nelle scuole per far creare, proprio agli studenti, una campagna di comunicazione per la prevenzione dell’HPV”.

Introdurre la cultura della prevenzione

Iniziative di questo tipo dovrebbero moltiplicarsi, non solo per la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, ma per la prevenzione in senso lato. La prevenzione che significa “vaccinazioni” (per quelle patologie per i quali esistono i vaccini), ma anche stili di vita, abitudini alimentari, conoscenza della storia sanitaria familiare.

Un impegno difficile per il quale è necessario il coinvolgimento sinergico innanzi tutto delle agenzie formative a contatto con gli adolescenti, ma che vede in prima fila anche chi si occupa di informazione attraverso i media ed, in particolare, Internet.

Dall’indagine Laboratorio Adolescenza-IARD risulta, infatti, che un adolescente su 4 utilizza Internet anche per cercare informazioni legate alla sessualità o – nello specifico – alle MST. “Ma oggi – come afferma Carlo Buzzi, coordinatore scientifico dell’indagine – si tratta quasi sempre di un ricorso in stato di emergenza, per acquisire, ad esempio, le informazioni sulla pillola del giorno dopo o per verificare i sintomi di una qualche patologia”.

L’obiettivo – innanzi tutto culturale – che dobbiamo porci con urgenza, è quello di sfruttare questa naturale predisposizione dei giovani ad affidarsi alla rete, per far assimilare loro il concetto di prevenzione. Ma per far questo è necessario che i contenuti proposti siano, seppur sempre scientificamente rigorosi, facilmente fruibili e accattivanti per un pubblico di adolescenti. Solo attraverso un oculato utilizzo nei nuovi mezzi di informazione potremo creare una generazione consapevole del valore della salute e attenta nel tutelarla al meglio.

Family Health si impegna a diffondere la cultura della prevenzione consapevoli che il primo passo per il proprio benessere è pensare alla salute.

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