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La tecnologia ha unito e ha creato un ponte tra le generazione dei genitori-nonni e figli. In alcuni casi ha diviso e allontanato.

di Maura Manca, Psicologa

8 maggio 2020

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L’isolamento forzato ci ha portato a rivalutare l’utilizzo di tutti i mezzi tecnologici e l’importanza della rete internet. Sono bastati pochi mesi per capire che non rappresentano un ostacolo e che non sono un fossato che separano la generazione dei giovani e quella di chi non è nato nell’era digitale.

Possono rappresentare quel ponte, quel mezzo che unisce, invece di distanziare. In effetti, i social network dovrebbero aiutare a costruire appunto una rete sociale, che ovviamente non deve sostituire quella nata e alimentata attraverso il contatto diretto. Ci sono tanti casi in cui gli strumenti tecnologici possono essere dei veri e propri alleati ed essere una risorsa nella gestione del rapporto con i propri figli, anche nei casi di separazione e di divorzio. Potenzialmente possono diminuire le distanze tra un genitore e un figlio permettendo a un padre, o a una madre, di rimanere in contatto con lui e dargli una continuità affettiva in modo tale che subisca meno la lontananza. Attraverso la tecnologia è possibile mantenere un rapporto anche da un punto di vista emotivo ed educativo. È implicito che non debba mai sostituire la relazione basata sul contatto fisico, ma si può creare un ponte quando si è impossibilitati ad incontrarsi, quando si è lontani, anche quando si deve star fuori casa per motivi lavorativi o di salute. È possibile “fare insieme” anche attraverso uno smartphone o un tablet. È possibile condividere dei momenti che non si sarebbero potuti condividere.

Genitori adolescenti o genitori vicini agli adolescenti? 

Tante madri e tanti padri si sono avvicinati al mondo dei figli, hanno provato a entrare in quel digitale poco conosciuto, a guardare serie in streaming con loro, a condividere frasi e video divertenti nelle chat, a scaricare App e video tutorial per fare qualcosa insieme. Tanti adulti hanno imparato dai figli i segreti delle videochiamate, a usare una telecamera, dove guardare, come posizionarsi e ne hanno sperimentato l’efficacia. Alcuni si sono messi letteralmente in gioco con loro e hanno provato a capire il mondo tanto contrastato dei videogiochi che anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità sembra abbia rivalutato. Per l’OMS, i giochi online sono passati da nemico della salute mentale, a strumento positivo e di aiuto per i ragazzi durante il periodo dell’isolamento forzato. Tanti altri hanno scaricato programmi per fare attività fisica, si sono cimentati quasi quotidianamente in sfide ginniche. Altri hanno cucinato insieme ai figli e alcuni si sono fatti coinvolgere nelle varie sfide chiamate appunto “challenge” che girano in rete, soprattutto su Tik Tok. Ho visto genitori fare balletti con i figli, e figli divertirsi con loro, ideare insieme il video divertente che potesse ottenere anche un bel numero di visualizzazioni e prenderli poi in giro con affetto. Non è stato un perdere un ruolo ai loro occhi, è stato un “guadagnare punti”, come direbbero tanti ragazzi. Tanti nipoti hanno insegnato ai nonni a fare le videochiamate e hanno coinvolto anche le nonnine sui social, nei loro video, facendole diventare delle vere e proprie star del web, adorate da milioni di bambini e adolescenti. Basta digitare qualche nonna hashtag su Tik Tok che compaiono centinaia di video. Quindi la tecnologia può anche essere sfruttata e usata anche per unire le generazioni.

Dipende anche dalla flessibilità mentale e dalla capacità di adattamento alle nuove esigenze imposte forzatamente dall’esterno. In fin dei conti “l’intelligenza è l’abilità di adattarsi al cambiamento” (Stephen Hawking).

È l’abuso che nuoce alla salute, non l’uso. Si dovrebbe utilizzare con consapevolezza e buon senso, quello che dovrebbe essere insegnato ai bambini fin da quando nascono attraverso gli esempi, rinforzati dalle parole.

In tanti casi, però, quel ponte non si è riuscito a costruire. Molti genitori sono rimasti rigidi sulle proprie idee e i conflitti tra genitore-genitore e genitori-figli si sono ulteriormente incancreniti. Tanti ragazzi si sono rifugiati nei loro meandri di illusoria “sicurezza” virtuale, altri si sono immersi completamente per alienarsi dall’ambiente che li circondava, rischiando di aprire le porte a un ritiro sociale. In questo caso la tecnologia divide, ma non è colpa sua, è colpa dell’assenza di comunicazione, di dialogo e della rigidità mentale. È facile scaricare le proprie responsabilità su uno smartphone.

“Condividere non significa invadere”

Mantenere un contatto, non significa controllo o invasione degli spazi dell’altro, ma condivisione di momenti con valenza affettiva. Anche le relazioni veicolate da uno smartphone possono essere profonde e dare quella continuità affettiva fondamentale per uno sviluppo equilibrato del bambino e dell’adolescente.

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