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La situazione italiana dopo l’introduzione dell’obbligo vaccinale

di Roberto Burioni, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia

23 gennaio 2019

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Visto che ancora non si sono completamente quietate le polemiche riguardo alla legge che nel 2017 ha reso obbligatorie in Italia dieci vaccinazioni (Contro Poliomielite, difterite, tetano, emofilo b, epatite b, pertosse, morbillo, rosolia, varicella e parotite) è importante fare un momento il punto sulla situazione, soprattutto considerando che il governo sta discutendo di come modificarla.

Perchè è stato necessario inserire l’obbligo vaccinale?

Prima di tutto è importante capire in quale contesto storico questa legge è stata approvata. L’Italia stava assistendo ad un continuo e progressivo calo delle vaccinazioni che aveva portato, nel 2015, la copertura vaccinale contro il morbillo a un livello che (dati WHO) non solo identificavano l’Italia come fanalino di coda tra i paesi sviluppati, ma la situavano sotto il Ghana, il Sudan e il Burkina Faso e alla pari con la Namibia. In conseguenza di questa copertura insufficiente, nel nostro paese c’è stata una grave epidemia di morbillo che con quasi 5000 casi (e diversi morti) nel 2017 ci ha situato nel quinto posto nel mondo per casi di questa malattia.

Secondo alcuni la strada da prendere era quella della informazione e della persuasione. Ma le esperienze pregresse non erano per nulla confortanti: nel 2007 il Veneto aveva eliminato l’obbligo per le quattro vaccinazioni allora obbligatorie e si era meritoriamente impegnato in una intensa azione di comunicazione e di educazione alla salute. Purtroppo, questi sforzi non sono stati ripagati: le coperture per la poliomielite sono scese nei successivi 10 anni del 3,3% in Italia e del 5,2% in Veneto. In altre parole, nonostante l’impegno, il calo è stato superiore a quello del resto del Paese.

L’epidemia di morbillo, peraltro, ha evidenziato oltre ogni ragionevole dubbio quanto la decisione dei genitori di non vaccinare i propri figli non possa essere considerata una libera scelta, ma un gesto di assoluta irresponsabilità sociale. L’incidenza maggiore della malattia, infatti, si è verificata nella fascia di età 0-1 anni: in altre parole, bambini che non sono figli di antivaccinisti, ma che sono troppo piccoli per essere vaccinati e che da un lato possiamo proteggere solo ed esclusivamente impedendo la circolazione del virus con l’immunità di gregge; dall’altro sono quelli che risultano più a rischio di complicazioni sia a breve termine (encefaliti, polmoniti e via dicendo) sia a lungo termine (il rischio che a distanza di anni questi piccoli malati, una volta guariti, possano sviluppare la panencefalite subacuta sclerosante – malattia incurabile e infallibilmente letale – è calcolato essere di 1 su 1600). Ricordiamo, insieme a queste migliaia di casi, ai morti e ai notevoli rischi, che nei paesi dove ci si vaccina il morbillo, semplicemente, non esiste più: in Messico, per esempio, dal 1997 non ci sono più casi locali di questa infezione.

Bisognava fare qualcosa, e qualcosa è stato fatto: ne luglio 2017 è stata approvata la la legge Lorenzin. Bambini non vaccinati non possono essere più accettati nelle scuole dell’infanzia (3-6 anni) e all’asilo nido (prima dei 3 anni) e nelle scuole dell’obbligo la mancata vaccinazione prevede una multa. La legge è molto criticabile (non si capisce perché dietro pagamento si possa mettere in pericolo nelle scuole elementari la vita degli altri) ma è comunque un importante passo avanti.

Quali sono stati gli effetti dell’obbligo?

Gli effetti positivi non si sono fatti attendere: seppur preliminari, sono oltre ogni ottimistica previsione. Già nel periodo tra giugno e ottobre 2017 quasi il 30% dei bambini nati tra il 2011 e il 2015 e non vaccinati, si erano già rimessi in pari con le vaccinazioni. In questo brevissimo periodo c’è stato un aumento della copertura per morbillo, parotite e rosolia vicino al 3%, questo dopo anni di continuo calo.

Ulteriori dati hanno confermato la tendenza estremamente positiva: i dati del 2017 si sono assestati a un +4,3% della copertura vaccinale contro il morbillo rispetto all’anno precedente. Insomma, la combinazione di maggiore comunicazione, dibattito e legge Lorenzin ha portato complessivamente la copertura contro il morbillo dal vergognoso 85,3% del 2015 (che ci situava come già detto sotto diversi paesi in via di sviluppo) al 91,7% (con un aumento del 6,3% in due anni) che tuttavia è ancora bassissimo, essendo indispensabile raggiungere il 95% di copertura per un’efficace immunità di gregge.

hildhood vaccine coverage in Italy after the new law on mandatory immunization. Signorelli C, Odone A, Cella P, Iannazzo S.Ann Ig. 2018 Jul-Aug;30(4 Suppl 1):1-10. doi: 10.7416/ai.2018.2227.

Insomma, la legge Lorenzin, insieme a una migliore comunicazione sui social e ad una presa di coscienza collettiva dell’importanza delle vaccinazioni, sembra avere funzionato. Speriamo che nel corrente dibattito politico si provveda a rinforzarla aumentandone l’efficacia (magari introducendo l’obbligo anche per i sanitari, gli insegnanti e tentando di recuperare copertura tra gli adolescenti e gli adulti) e non smontando un provvedimento che non solo sembra funzionare molto bene, ma che viene preso a modello e ad esempio da altri paesi avanzati, come la Francia che nel gennaio 2018 ha introdotto una legge molto simile a quella italiana.

Bibliografia

Lessons from Italy’s policy shift on immunization. Burioni R, Odone A, Signorelli C. Nature. 2018 Mar 1;555(7694):30. doi: 10.1038/d41586-018-02267-9.

The imperative of vaccination put into practice.Signorelli C, Iannazzo S, Odone A. Lancet Infect Dis. 2018 Jan;18(1):26-27. doi: 10.1016/S1473-3099(17)30696-5.

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