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Un figlio ha bisogno di un genitore. Dove sono finiti i ruoli?

di Maura Manca, Psicologa

13 febbraio 2019

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Si è sempre definita l’adolescenza come l’età del dubbio e dell’incertezza mentre oggi sta diventando un problema che riguarda quella fascia di adulti che non vogliono lasciarsi alle spalle l’adolescenza per crescere e maturare e vivono ancora esprimendo le caratteristiche tipiche di quell’età.

Non solo adolescenza, si parla sempre più di adultescenza e adultescenti riferendosi a quegli adulti e genitori che si ostinano a vivere ancora come se fossero dei veri e propri adolescenti. Ci siamo sempre riferiti all’adolescenza come l’età del dubbio e dell’incertezza, anche se credo che ormai si possa parlare più in generale di un’epoca di dubbi e incertezze. Basta aggirarsi nei meandri del Web che balza subito agli occhi una continua richiesta di soluzioni, di ricette su come crescere i figli, come diventare genitori efficaci o bravi genitori, una sorta di cibo preconfezionato da usare all’occorrenza. Peccato che non sia così facile! Questa ansia da prestazione genitoriale e a volte insicurezza nel rivestire il proprio ruolo non è una buona compagna e si rischia di trasmetterla ai figli che a volte, devo dire, sono più maturi degli stessi genitori. È un problema di ruoli e di distanza, genitori che non si sentono genitori, che non rispettano la distanza generazionale dimenticandosi che il più piccolo ha bisogno di qualcuno a cui affidarsi e soprattutto di cui fidarsi, non ha bisogno di un amico, quello lo trova fuori da casa ma di chi è in grado di ascoltarlo, guidarlo, capire quando intervenire e quando invece farlo cadere e imparare dai propri errori. È dagli sbagli che anche noi adulti abbiamo imparato a rialzarci e cosa ci fa star bene e cosa ci fa star male. Non si devono far saltare le lezioni della scuola della vita ai ragazzi, non ci si deve sedere nel banco al posto loro o fargli i compiti perché non è vero che “si fa prima” o lo si fa per il loro bene, si fa il proprio bene assecondando le proprie ansie e a volte anche smanie di controllo.

Aiutarli ad avere il coraggio delle idee

Come posso superare la paura di crescere se non affronto me stesso, gli altri e il contesto che mi circonda?

Come posso imparare il senso della costruzione e della progettualità se non provo a costruire e progettare e mi trovo sempre tutto pronto?

La vicinanza con i figli è fondamentale, ma si parla di vicinanza emotiva, di comprensione, di riconoscimento dell’altro come essere diverso da noi che ha le sue esigenze e i suoi bisogni, da accettare con i suoi pregi “difetti”, da guidare e non da plasmare a propria immagine e somiglianza o da indirizzare dove si pensa sia giusto per lui. Quello che spesso in terapia mi riportano i ragazzi è proprio questa non accettazione, questo non andar bene per come sono, questa troppa attenzione a ciò che fanno rispetto a ciò che sono e poca considerazione dei propri desideri ed ideali.

Ma in questo modo i bambini prima, e gli adolescenti poi, non troveranno mai il coraggio delle proprie idee perché non hanno sviluppato un pensiero autonomo e critico e sono quindi condizionabili. Nel tentativo di fare del bene, si rischia di fare del male perché nella vita è fondamentale saper dire di SÌ e di NO, insegnargli a mettere i paletti e i confini perché significa anche riconoscere i propri bisogni, ciò che ci fa star bene e ciò che ci fa star male.

Monitorare non è controllare

Spesso si confonde il monitorare la vita di un figlio con il controllo, nonostante siano due condizioni estremamente diverse. C’è un limite importante tra la condivisione, intesa come DIVIDERE CON, e il voler controllare sotto tutti i punti di vista la vita di un figlio. I figli devono essere monitorati attivamente, è una condizione fondamentale per mantenere solido il rapporto e conservare un punto di contatto con loro per evitare che vadano alla deriva, ma deve anche esserci FIDUCIA nel rapporto che si è costruito e coltivato nel corso degli anni. Tendenzialmente durante la fase adolescenziale si raccolgono i frutti di ciò che si è seminato in tutti gli anni della crescita. Significa che è importante abituare un bambino fin da quando è molto piccolo al dialogo e al confronto con gli adulti, non allo scontro, ricordandoci del ruolo fondamentale che riveste l’esempio nell’apprendimento. Se si riesce ad instaurare questa buona abitudine fin dall’inizio, difficilmente ci saranno “sorprese” in adolescenza e non ci sarà bisogno di violare la loro privacy per provare a capire cosa fanno e come vivono.

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