I bambini non sono trofei da esibire
di Maura Manca, Psicologa

Per imparare a vincere bisogna prima di tutto imparare a perdere. L’errore è alla base dell’apprendimento: per imparare a fare bene qualcosa serve un esercizio costante e continuativo. Un bambino che non sa perdere è un bambino che sente troppo il peso della vittoria, spesso pressato anche dai genitori che lo riconoscono soprattutto in funzione dei suoi successi.
I figli non sono i loro risultati, e il loro valore non dipende dai successi che incasellano. Quando non vincono non significa che valgono meno degli altri, ma che la loro prestazione era diversa da quella degli altri. È fondamentale educare bambini e adolescenti ad affrontare anche la sconfitta, e trasmettere il messaggio che ciò che conta è arrivare in fondo, migliorare, divertirsi, saper accettare che un altro possa fare meglio di noi in quel momento. L’ansia da prestazione e il peso delle aspettative genitoriali, sono due variabili che favoriscono l’insuccesso e il drop-out (lasciare-allontanarsi da quella attività).
Non è tutto un trofeo da mostrare, non per forza devono ottenere chissà quali risultati. Il valore di un bambino non è dato dalle sue prestazioni e dai suoi risultati. Fateli divertire, lasciateli liberi di sperimentare e anche di fare degli errori. Attraverso un apprendimento basato sulla libera espressione di sé possono trovare una loro strada, anche nello sport. Non tutto ciò che fanno deve essere sbandierato necessariamente sui social ai quattro venti. Aiutateli ad esprimersi in libertà, non forzateli, per evitare che successivamente, in adolescenza ad esempio, possano avere un rifiuto per quell’attività. La troppa pressione psicologica e fisica, a lungo andare, logora. Quando il senso del dovere diventa ansia e costrizione si rischia un rifiuto, un andare in opposizione o un subire in modo passivo la situazione che si sta vivendo.
Si rischia, talvolta, di trasmettere ai figli, anche in modo inconsapevole, il messaggio che si è importanti solo se si vince, concentrandosi sui risultati e sul profitto, mentre per loro è fondamentale sentire di essere amati per quello che sono, con i loro limiti e le loro difficoltà, anche se non sono bravi in tutto e se non arrivano sempre al primo posto, a scuola, nello sport o in ogni altra attività.
I bambini che hanno l’agenda piena di impegni e attività dove è richiesta una prestazione, rischiano di sviluppare ansia perché possono sentire la pressione delle aspettative genitoriali. Se non raggiungono certi standard sentono di deludere il genitore e nel caso in cui riuscissero ad ottenere ottimi risultati sentono la pressione di dover mantenere quei livelli e aumenta il livello di ansia.
Le attività extra scolastiche devono essere occasione e possibilità di crescita, di libertà, di apprendimento libero e divertente. E invece, troppi bambini sentono di dover per forza fare qualcosa, magari proprio per compiacere il genitore. Le attività sportive e ricreative devono essere pensate per il benessere di bambini e ragazzi, per farli divertire, rilassare e sperimentare, non devono assolutamente rappresentare uno stress o un sovraccarico o essere scelte solo per tenerli occupati, lontani dalla noia, o per farli eccellere in qualcosa.
Nella vita non è tutto una gara dove si vince o si perde e i figli non sono trofei da esibire.
