Dove c’è movimento c’è vita. Dove è finita la vitalità dei bambini e degli adolescenti?
di Maura Manca, Psicologa
In motu vita est è vero, il movimento è vita e dove c’è staticità, c’è malessere. Il movimento fisico e psichico devono essere parte integrante della nostra vita, in particolare di quella dei bambini e degli adolescenti, per tutti i benefici che apportano alla mente e al corpo.
Non si parla solo di movimento fisico, anche di quello mentale. Ci sono tante persone in costante movimento che sono però completamente ferme, incatenate nella staticità della loro mente. Il movimento è vitalità ed è un ingrediente che non deve mancare nella vita dei figli. Dove c’è movimento c’è anche l’espressione di se stessi e del proprio mondo interno. I bambini hanno una mente assorbente, muoversi nell’ambiente, in particolar modo in maniera naturale e libera, facilita notevolmente l’apprendimento e stimola la plasticità neuronale. Muoversi in maniera libera non significa che i figli non debbano avere limiti e confini, ma che è fondamentale lascargli degli spazi di movimento in cui esprimersi. Hanno sempre bisogno di una guida che sia in grado di tirare fuori le loro risorse, non di qualcuno che gli dica cosa e come fare nascondendosi dietro la favola del: “lo faccio per il suo bene”. Ti do un foglio senza dirti cosa disegnare e, se non lo sai fare, non lo faccio al posto tuo: prima ci provi da solo perché nella vita non è tutto facile e immediato e magari impari anche a conoscere e tollerare un po’ la frustrazione. Poi trovi il tuo modo, azioni il cervello e solo dopo ti posso dare una direzione e qualche trucchetto su come migliorare le tue abilità. I figli non devono per forza essere dei talenti o creare opere che vengono poi mostrate sui social per far vedere agli altri quanto sono talentuosi e bravi. Questo atteggiamento inibisce tanti bambini che non vogliono essere esposti e che vorrebbero vivere quel momento con il genitore e non con uno smartphone in mezzo.
I bambini devono imparare a muoversi, devono imparare a stare nell’ambiente per conoscere e per conoscersi. È importante che esplorino anche la natura che è una grande maestra e insegna l’essenza della vita senza parole ma con l’osservazione.
Non dobbiamo mai smettere di imparare e di crescere, non dobbiamo mai perdere la forza vitale, perché il male di troppi giovani è proprio la mancanza di vitalità, di esplorare, di osservare, di conoscere, di essere curiosi e di capire. Hanno tutto e subito, e tutto a disposizione. Troppo spesso si attivano solo con la tecnologia che da un lato li stimola e dall’altro li spegne. Noi adulti dovremmo essere l’altro piatto della bilancia e controbilanciare la vittoria quasi schiacciante della tecnologia, fornendo loro opportunità e un ambiente nel quale possono essere se stessi.
È vero che la pandemia ha creato non pochi problemi da questo punto di vista, ma tutto questo rallentamento psico-fisico e assenza di movimento interno ed esterno era GIÀ presente prima delle limitazioni. I blocchi fisici hanno solo alimentato il problema e accelerato il processo. Proprio per questo motivo è ancora più importante fare dei cambiamenti nel loro ambiente, creare altri stimoli e altre attività, comprese quelle fisiche. Quando sono catapultati in una dimensione parallela rispetto a quella tecnologica, scoprono parti di sé e del mondo che non conoscevano e, anche se all’inizio si lamenteranno e si opporranno con tutte le loro forze, dopo ringrazieranno. Ma scusate, non eravamo un po’ così anche noi da adolescenti? Non dimentichiamoci delle nostre parti bambine e adolescenti.
Lo sviluppo rappresenta un periodo di plasticità neuronale e muscolare in cui bambini e adolescenti sono fortemente condizionabili in termini positivi e negativi, anche e soprattutto dall’apprendimento indiretto, dall’esempio delle figure che li accudiscono, dall’osservare i loro movimenti e comportamenti e dalle esperienze che caratterizzano la loro vita. Se un genitore è poco incline al movimento, interpone il telefono nella relazione e si attiva quando è catturato da uno schermo, cosa mai insegnerà a un figlio? È vero, non esiste un nesso di causalità diretta, ma in termini di fattori predisponenti e di probabilità, aumentano drasticamente le probabilità che imparino ciò che non dovrebbero imparare.
Ciò che invece osservo sempre più spesso, soprattutto con i bambini più piccoli, è che non si prende più in braccio un figlio per calmarlo, non ci si siede più con lui per farlo ragionare e capire cosa sta accadendo e di cosa ha bisogno, ma si dà uno smartphone, un tablet, una sorta di ciuccio digitale che serve da calmante e da ansiolitico. In un certo senso, è molto più facile e rapido quando i bambini vengono anestetizzati davanti agli schermi e il genitore può proseguire con le sue attività.
Affrontare la vita direttamente e in maniera dinamica è il segreto per non ammalarsi e per non farsi schiacciare dagli eventi, anche se troppo spesso troppi bambini non sanno neanche cosa sia la motivazione, la grinta, il senso della fatica, il credere in se stessi, in qualcosa o qualcuno.
Anche davanti alle difficoltà bisogna reagire e c’è sempre una soluzione. La pandemia ha ridotto i movimenti ma c’è sempre un’alternativa, anche se è più faticosa da creare, non possiamo mollare le armi e aspettare passivamente che tutto torni come prima perché, forse non lo abbiamo ancora capito, ma come prima non tornerà più niente. Dobbiamo adattarci, reagire e riprendere il movimento, i nostri spazi, senza dimenticare che dove c’è movimento c’è vita.