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Transizione (o passaggio di cura) dal pediatra al medico dell’adulto, un problema da risolvere

15 maggio 2017

5926 Views

di Costantino De Giacomo, pediatra

Spina bifida, distrofia muscolare, fibrosi cistica, diabete…oggi l’aspettativa di vita è diventata per i pazienti affetti ben più di una speranza. Grazie al progresso scientifico e assistenziale, molti di questi bambini diventano donne e uomini, con bisogni e sogni simili a tutti.

Ma chi è il medico di riferimento di questi giovani pazienti cronici, che considerati nel loro insieme sono tutt’altro che rari?

 

LE DIMENSIONI DELLE CRONICITA’ GIOVANILE- Contrariamente a quanto si possa pensare, il problema della cronicità non riguarda solo la terza età. Ne soffrono 7,6 milioni di italiani di età compresa tra i 6 e i 44 anni, ma di questi 2 milioni (più del 20%) hanno meno di 24 anni. Benché nella maggior parte dei casi la patologia cronica sia una sola (19%), nell’1,6% dei casi sono presenti due patologie croniche e nello 0,8% dei casi almeno 3.

Come aiutare gli adolescenti e le loro famiglie ad affrontare questo aspetto fondamentale della loro vita di giovani affetti da patologie croniche, nel tentativo di non aggiungere alla situazione già a volte compromessa dalla malattia e dalle terapie, ulteriori motivi di sofferenza, se non di aggravamento?

Cos’è la medicina di transizione (transition of care)

Recentemente la Società di medicina dell’adolescenza ha definito la Transition of care come “il passaggio di cura, intenzionale e programmato, di adolescenti e giovani adulti con malattia cronica dai servizi sanitari pediatrici a quelli dell’adulto”.

In questa definizione è esplicito il concetto che il paziente non sia un oggetto da spostare passivamente, ma un essere umano e sottolinea come la programmazione sia fondamentale per rendere proattivo il percorso, ed evitare l’interruzione delle cure (con tutte le conseguenze che possiamo immaginare).

Le Società Scientifiche, dedicate alle varie patologie, negli anni più recenti hanno iniziato a interessarsi al problema e quindi a come affrontare il processo della transizione del paziente cronico dal pediatra alla medicina dell’adulto. Indipendentemente dalle specificità, emergono molti punti comuni, propri della cronicità e della fragilità che essa comporta più o meno inevitabilmente.

Il passaggio non è assolutamente semplice per il paziente e la sua famiglia…

Tra gli ostacoli che si pongono nel percorso di transizione dal pediatra al medico dell’adulto, vi è innanzitutto la riluttanza del giovane paziente e anche della famiglia ad abbandonare un ambiente noto per spostarsi verso un’organizzazione sanitaria “sconosciuta”.

Il vissuto di malattia cronica comporta spesso lo sviluppo di meccanismi protettivi all’interno della famiglia, con inevitabile rallentamento delle tappe di maturazione e indipendenza da parte del giovane adulto. Inoltre spesso lo staff del singolo centro (medici, infermieri e tutti gli operatori sanitari) costituisce a parte più importante del sistema di supporto alla famiglia. Per questo motivo, i genitori, spesso, fanno fatica a lasciare la struttura pediatrica a cui sono stati legati per anni.

La transizione non è semplice neanche per il pediatra

I pediatri, che hanno seguito per molto tempo il bambino malato cronico, sviluppano profondi legami affettivi con i loro pazienti e le rispettive famiglie e possono desiderare mantenerli, ritardando un naturale processo di passaggio di cure. I pediatri possono inoltre avere la sensazione che nessuna organizzazione per adulti abbia la sufficiente competenza per confrontarsi con i propri pazienti e soprattutto che gli internisti dell’adulto non siano preparati a rispondere alle necessità psicosociali che si creano nel corso di una malattia cronica.

La transizione al medico dell’adulto è la scelta giusta…ma ancora da “costruire”

Quando arriva il momento, penso che costruire il trasferimento del paziente giovane adulto dal pediatra al medico dell’adulto sia non solo importante, ma giusto.

Rimanere in una organizzazione pediatrica può contribuire a ritardare lo sviluppo di uno spirito di indipendenza (già favorito dai meccanismi protettivi della famiglia) e può privare pazienti con specifiche malattie delle cure appropriate alla loro età. I medici dell’adulto sono inoltre più competenti di alcune condizioni e complicanze rare in età pediatrica e, a differenza del pediatra, hanno un armamentario farmacologico e terapeutico molto più vario.

Vi è però spesso una forma di riluttanza da parte del medico di medicina interna ad affrontare la presa in carico dei malati cronici che vengono da anni di terapie pediatriche, ritenendo che tali pazienti siano immaturi, le loro famiglie siano troppo coinvolte e pressanti e il tempo utilizzato per spiegare i vari aspetti della terapia sia eccessivo e ridondante.

Confronto della modalità assistenziale al paziente cronico in medicina pediatrica e in medicina dell’adulto

Medicina Pediatrica Medicina dell’adulto
consulenza familiare consulenza individuale
team multidisciplinare e consulenza psicosociale limitato lavoro in team (soprattutto psicosociale)
pochi pazienti molti pazienti
liste di attesa corte liste di attesa lunghe
conoscenza malattie genetiche e rare scarsa conoscenza malattie genetiche e rare
supporto coetanei mancanza cliniche per giovani adulti
gratuità farmaci pagamento farmaci

 

Modelli di transizione

Da tutte queste considerazioni emerge l’estrema difficoltà ad affrontare il problema, che spesso viene ignorato e posticipato da tutti gli attori (adolescente, famiglia, medici), fino al momento in cui, diventando inevitabile, viene affrontato in fretta e furia e quindi senza alcuna pianificazione.

Transizione dal pediatra alla medicina dell'adulto: modelli a confronto

Transizione dal pediatra alla medicina dell’adulto: modelli a confronto

Penso sia importante sviluppare dei modelli di percorso, che vadano ben oltre il riduttivo aspetto del passaggio delle documentazioni informative circa il passato e il presente clinico del paziente e rendano la transizione un processo a fasi successive. I percorsi possibili sono principalmente 3 (vedi figura):

  1. trasferimento della documentazione e delle informazioni clinico-assistenziali dal pediatra al medico dell’adulto passaggio, a partire dall’età prepubere del paziente (in Canada alcuni percorsi iniziano al compimento dei 12 anni d’età del paziente) e con coinvolgimento di tutti gli attori.
  2. creazione di una fase di cura condivisa tra pediatra e medico dell’adulto in spazi dedicati alla transizione.
  3. organizzazione di spazi specialistici dedicati (ad esempio cardiologia pediatrica), in cui il pediatra segue il paziente i fino ad età successive con lo stesso specialista.

Lo sviluppo di specifici strumenti, adatti all’età, che spiegano le tappe del percorso, e anche il collocamento delle attività cliniche ambulatoriali in strutture logistiche dedicate (le cosiddette cliniche della transizione) dimostrano l’estrema attenzione che alcuni paesi dedicano, ormai da anni, alla cronicità nata in età pediatrica.

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