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Neonato prematuro, garantire la migliore assistenza possibile

17 novembre 2017

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di Tiziana Azzani, giornalista

Bianca è nata prematura a 32 settimane, perchè la mamma aveva la pressione alta, troppo alta. Un problema che si chiama preeclamsia o gestosi gravidica.
Oggi Bianca ha 17  anni, occhi azzurri, frequenta il liceo e la sua giornata è piena di impegni e di sogni come tutte le ragazze della sua età. Gioca a pallavolo, le piace cantare e suonare la chitarra. Ha una voce calda, profonda, determinata.

Niente ti lascia immaginare che, quando è nata, Bianca era uno scricciolo di 1320 grammi, che ha impiegato 50 giorni prima di crescere ed essere forte a sufficienza per lasciare l’ospedale e andare a casa.

Bianca è nata prematura, e la sua storia non è un’eccezione: nel 2016, 32 mila bambini sono nati pretermine (prima della 37a settimana di gestazione) e quasi 1 neonato su 100 è nato prima della 32 settimana.

La normalità di Bianca adolescente è la testimonianza dei progressi che la medicina ha compiuto fino ad oggi, consentendo di ridurre la mortalità nei prematuri di peso inferiore a 1500 grammi dal 70% negli anni ’60, a meno del 15% negli anni 2000.

“E’ un risultato importante, che colloca l’Italia tra i Paesi più virtuosi; la sfida ora è ridurre ulteriormente la mortalità e nello stesso tempo migliorare la qualità della sopravvivenza di questi piccoli, riducendo danni e complicanze, per garantire una vita normale anche ai nati prematuri”, afferma Fabio Mosca, Direttore UO di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

Neonato prematuro, non sono tutti uguali. Neonati late preterm: i rischi di nascere prima

Come garantire la migliore assistenza a mamma e neonato prematuro

Ogni parto prematuro è un parto a rischio e il destino del neonato pretermine si gioca sin dalla sua permanenza in utero, durante il parto e subito dopo la nascita in quella finestra temporale detta “ora d’oro”. Per garantire la migliore assistenza alla mamma e al neonato prematuro l’ideale sarebbe seguire la gravidanza in centri di ostetricia specializzati (di secondo e terzo livello) e il piccolo in reparti di neonatologia dotati di Terapia Intensiva Neonatale.

Come fare? “La risposta non è specializzare tutti gli ospedali, ma centralizzare”, afferma Fabio Mosca.

ORGANIZZAZIONE DEI PUNTI NASCITA, attraverso una loro riduzione a favore di quelli di dimensioni più grandi, così da aumentare gli standard di sicurezza per le nascite pretermine. “Significa chiudere gli ospedali con meno di 500 parti all’anno, lasciando aperti solo i centri che hanno esperienza a sufficienza a garantire competenza del persona e sicurezza per mamma e bambino anche in caso di nascita pretermine”, sottolinea Mosca.

COERENZA TRA CURE OSTETRICHE e CURE NEONATALI, facendo sì che la specializzazione delle cure per i casi complicati di gravidanza non si dissoci da quella del neonato. Nella pratica questo significa dotare gli ospedali che seguono le gravidanze a rischio (centri di terzo livello) di un reparto di Terapia Intensiva Neonatale (TIN), dotato di tutte le attrezzature necessarie e personale medico e infermieristico opportunamente formato.

TRASPORTO DI EMERGENZA della MAMMA e del NEONATO, quando la prematurità non è prevedibile a causa di un evento acuto che fa precipitare improvvisamente la situazione. Per Bianca l’elemento scatenante il parto prematuro è stata la gestosi della mamma, ma potrebbe anche essere un incidente stradale o un altro evento traumatico. In questi casi, per garantire la migliore assistenza possibile diventa fondamentale trasportare in emergenza la mamma (STAM- trasporto in assistito materno) all’ospedale specializzato più vicino. Quando questo non è possibile o il bambino nasce pretermine in un ospedale non attrezzato, è importante garantire il suo trasporto in emergenza (STEN- trasporto in emergenza neonatale) verso il centro di TIN più vicino, dopo un’adeguata stabilizzazione.

INDIVIDUALIZZAZIONE DELLE CURE, perchè i neonati prematuri non sono tutti uguali, ed è importante capire il prima possibile, dopo la nascita, le sue condizioni di salute così da adattare il tipo e l’intensità di cure ai bisogni del singolo bambino. La personalizzazione delle cure non si deve esaurire, però nel reparto di terapia intensiva, ma deve continuare anche quando la fase critica è finita e anche dopo la dimissione, perchè spesso il neonato prematuro può sviluppare complicanze che possono rendersi visibili anche dopo anni (ad esempio, problemi di attenzione e di concentrazione, scarsa memoria, ecc).

UMANIZZAZIONE DELLE CURE Per garantire il miglior sviluppo neuro-psicomotorio del neonato, è importante mettere in atto tutto le cure e le attenzioni al suo benessere psico-fisico. “Diversi studi dimostrano che i neonati che ricevono una care più attenta hanno uno sviluppo neuromotorio migliore, iniziano a succhiare prima e hanno addirittura una struttura cerebrale migliore”, precisa il neonatologo Mosca. E’ allora importante predisporre un ambiente rispettoso della fragilità sensoriale del neonato pretermine, attento a insonorizzare il più possibile i rumori e a utilizzare colori e luci poco intense, tali da garantire il suo stato di tranquillità.

Un altro aspetto importante riguarda l’attenzione alle sensazioni dolorose a cui il bambino può essere sottoposto. A differenza di quanto si pensava in passato sulla immaturità funzionale delle vie dolorifiche in questi bambini, i neonati prematuri sono perfettamente in grado di percepire il dolore. “L’esperienza in TIN lascia una traccia, una sorta di ricordo, nel bambino, che non sappiamo quanto sia reversibile. Ecco allora che durante le manovre dolorose, si cerca di mantenere il piccolo in braccio alla mamma, e, se possibile, lo si fa attaccare al seno, oppure si somministrano delle soluzioni di glucosio per bocca o si pratica la musicoterapia”, puntualizza Fabio Mosca.

L’umanizzazione delle cure non può prescindere dal coinvolgimento dei genitori, fin dai primi momenti e senza limiti di tempo (ingresso nei reparti TIN 24/24h). Lasciare libere le mamme di stare a contatto con il proprio bambino è importante non solo per promuovere l’allattamento al seno, ma anche per favorire lo sviluppo neurologico del neonato e consolidare il rapporto madre-figlio. “Il rapporto genitore-figlio che può sembrare naturale, non è sempre così facile quando il neonato è prematuro. Il neonato che i genitori si trovano di fronte, piccolo e medicalizzato, ha un aspetto ben diverso da quello che appartiene al loro immaginario. Spesso sono spaventati o si sentono in colpa. Coinvolgere la mamma e farla sentire prima attrice della cura del suo bambino è un modo per farla sentire importante e per iniziare a costruire il legame affettivo, così fondamentale per entrambi“. Anche il contatto è importante tra genitori e neonato. Un contatto che avviene inizialmente attraverso gli oblò dell’incubatrice, ma che, non appena le condizioni lo permettono, può diventare “pelle a pelle”, attraverso la marsupio-terapia (Kangaroo Mother Care). Questa pratica consiste nel mettere il piccolo, nudo, sul seno della mamma o sul petto del papà a diretto contatto con la pelle. Un semplice gesto che ha molti vantaggi: garantisce la regolazione della temperatura e del respiro, migliora il suo livello di ossigenazione e ha un’influenza positiva sul suo sviluppo neurologico. Inoltre, questo crea un legame intenso che un impatto fortissimo sul piano psicologico di madre, padre e neonato e aiuta a favorire l’allattamento materno, così importante nei neonati pretermine per la prevenzione di numerose patologie.

“Per molti ospedali quanto descritto è già una realtà, ma in alcune situazioni rimane ancora molto da fare”, conclude il neonatologo.

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